Ormeasco di Pornassio: il vino di montagna

Ho percorso questa strada infinite volte per raggiungere gli amati luoghi ove sono cresciuto: quei borghi inerpicati ai piedi delle Alpi liguri così vicini al mare ma così distanti per tradizioni, costumi, cucina. L’alta Valle Arroscia è l’ultimo lembo di Liguria, passaggio obbligato per raggiungere il Piemonte. La strada, partendo da Pieve di Teco, si fa più tortuosa arrivando ad Acquetico, Pornassio, Case Rosse fino a Ponti di Nava confine fisico tra le due regioni. Un tempo si percorreva “l’Alta via dei Monti Liguri” l’ antica “via del sale” che dalla preistoria ha svolto la funzione di strada di collegamento e di commercio, per chi portava il sale (prezioso minerale trasportato per secoli a dorso di mulo attraverso questi monti), l’olio, le acciughe e le merci d’oltremare dai porti della costa ai mercati della ricca pianura padana.
Le Alpi liguri, il Saccarello il Frontè il Marguareis il Bertrand per citarne alcuni, svolgono un importante ruolo nel microclima ligure. La loro conformazione è netta: più declinante verso il mare, più verticale a nord (versante francese e piemontese); e così l’aria fredda proveniente da nord si scontra contro una parete di roccia e risale in alto, proteggendo il versante marino. In questo cozzare tra correnti fredde e aria mite proveniente dal mare, il territorio è beneficiato da un microclima unico, con escursioni termiche importanti, sufficienti piogge e temperature ottimali con scarse gelate invernali.
L’Alta Valle Arroscia conserva un ambiente tra i meglio preservati di tutta la Liguria: qui è possibile ammirare una natura incontaminata: la faggeta del bosco di Rezzo, i larici del Bosco delle Navette, le spettacolari cascate dell’Arroscia. Non mancano peculiarità artistiche e architettoniche, come la splendida strada porticata che attraversa Pieve di Teco. I portici furono costruiti dalle singole famiglie private e la loro altezza era proporzionata al censo del proprietario. Le volte portano tuttora gli anelli cui erano appese le stadere per la pesatura delle merci, o le carrucole per la movimentazione dei carichi. Sono tuttora, il centro vitale del paese, con i suoi negozi e botteghe, e con gli artigiani (soprattutto calzolai e sarti) che spesso lavoravano sotto il portico, anziché nella retrostante bottega.

Pieve di Teco, storia e tradizioni, ma anche natura; basta osservare la strada che porta al borgo per capire la bellezza della Valle Arroscia, tra distese di vigneti e uliveti, che fanno del vino e dell’olio alcuni dei prodotti dell’eccellenza enogastronomica locale.

Qui, i profumi della cucina mediterranea sono ormai lontani. Sui tracciati della secolare transumanza agricola e pastorale, viaggiano sapori diversi, nati dall’unione delle popolazioni della montagna ligure, del Cuneese e delle valli occitane: piatti semplici, veloci da preparare, riconoscibili nella tipica “cucina bianca” per il colore predominante dei suoi prodotti: farinacei, latticini, patate, porri, aglio, rape. Soprattutto sapidi e profumatissimi formaggi che prendono origine dalle praterie d’alta quota, come la toma di pecora brigasca o la ricotta fermentata (brusso).
Altro comune importante della Valle è sicuramente Pornassio dalle origini molto antiche che potrebbero risalire addirittura all’epoca romana. A fine del 1300 il territorio passò sotto il dominio genovese per poi essere conteso tra la repubblica di Genova e il Ducato di Savoia. Nel 1735 il feudo cadde nelle mani del dominio sabaudo e nel secolo successivo fu inserito nel Regno di Sardegna. Dal 1861 fu annesso al Regno d’Italia.
In questo territorio l’espressione più tipica è sicuramente l’Ormeasco di Pornassio, un vino rosso le cui vigne si spingono fino a 800 metri, altitudine quasi invalicabile per la coltivazione della vite. L’altitudine gioca un ruolo molto importante: il territorio è caratterizzato da forti escursioni termiche, specie d’estate, le uve ne beneficiano per profumi e per una maturazione lenta che garantirà lunga vita al vino. Il particolare microclima fa si che i venti marini si alternino a quelli che scendono dalle cime alpine e appenniniche e si verifichino variabili termiche importanti di vigneto in vigneto.
La superficie vitata è di circa 40 Ha. Nel 2003 si è affrancato dalla D.O.C. “Riviera Ligure di Ponente”, della quale rappresentava una delle quattro sottozone.
Ad Acquetico, frazione poco sopra Pieve di Teco, mi aspettano i titolari della Tenuta Maffone e subito, da loro traspare una grande passione: intima e amorevole in Eliana e vulcanica in Bruno. Apprezzo molto la frase di Bruno: “prima di parlare di vini, andiamo a vedere il territorio…” . Saliamo in macchina, arrampicandoci in stradine appena abbozzate tra terrazze liguri e viottoli tra le case; la neve sulle montagne fa da contorno alla vigna facendo percepire l’aria che pizzica le guance. Arriviamo in un luogo, che mai avrei immaginato di ritrovare: un pianoro a 650 mt che guarda al mare e alle Alpi innevate, con filari pettinati e piante centenarie. Qui la meccanizzazione non esiste, il legame con il territorio è inscindibile : coltivare l’ormeasco non è facile in quanto i grappoli spargoli e gli acini maturi cadono facilmente a terra, oppure, vista la loro dolcezza, vengono decimati da storni e vespe, e ancor peggio dagli animali selvatici che vivono nei boschi attigui. Il dolcetto a raspo verde, le vigne autunnali con le foglie rosse, il verde degli alberi e l’argento degli ulivi sotto il cielo blu e il bianco della neve, unite da spruzzate di giallo, di rosa, di viola, dipingono “un arazzo multicolore”, come lo definì Mario Soldati, “forse il più spettacoloso ed originale paesaggio viticolo che abbia mai visto in vita mia” . I produttori in questo luogo hanno una grande fortuna: quella di lavorare in un “ufficio” che pochi possono vantare!
È un vitigno versatile, perché può essere vinificato in “bianco” per ottenere l’Ormeasco Sciac-trà, vino rosato naturale, con aromi di frutta e colore rosa corallo. Il nome significa “schiacca e trai” in quanto le uve pigiate sono lasciate macerare per un breve periodo sulle bucce per poi venire eliminate prima della fermentazione; un tempo era il vino di pronta beva, e le vinacce poco spremute venivano aggiunte a quelle del rosso per dargli maggior corpo; questo vino dal colore corallo e dagli aromi di fiori rossi e di frutti di bosco già al primo sorso rivitalizza il palato con la veemente freschezza, accompagnata da tannini docili, slanci sapidi e una scia ammandorlata. Non va confuso con lo Schiacchetrà delle Cinque Terre che è un rinomato quanto raro vino bianco passito della Riviera Ligure di Levante a base di Bosco, Vermentino e Albarola. Tenuta Maffone ha deciso di produrre un ottimo metodo classico rosé lasciato sui lieviti di 36/40 mesi.
Le due versioni di ormeasco più famose, e numericamente più importanti, sono la tipologia rosso Ormeasco di Pornassio e l’ Ormeasco Superiore caratterizzata da maggiore gradazione e almeno un anno di affinamento.
Il colore dell’ormeasco è rosso rubino intenso con riflessi violacei da giovane, profumo intenso, ricco di aromi di frutta( ciliegia matura, mora, ribes, confettura di prugne , viola appassita) e di spezie; se affinato, nella versione “Superiore” diventa granato con naso più ampio e persistente dove prevalgono sentori di frutta matura, resine boschive, legno, vaniglia e pepe nero, con un’inconfondibile nota di macchia mediterranea, di balsamico e un rimando preciso al mare lontano; secco, fresco, tannico discretamente morbido e strutturato, con persistenza aromatica piacevolmente fruttata e persistente.
Rispetto ai più carnosi e fruttati Dolcetto piemontesi, l’Ormeasco si presenta meno strutturato, colori meno saturi, sapori di particolare sapidità. Il suo profilo estremamente tagliente non gli impedisce di sviluppare aromi e gusti intensi, di complessità a tratti sorprendente.
Esiste poi la rara versione passita, ormai chicca enoica di poche cantine, ma da provare assolutamente in quanto non stucchevole, sorretto da un’ottima acidità e tannini setosi.

Ulteriore elemento di valorizzazione di questo prodotto è rappresentato dalla “Confraternita dell’Ormeasco di Pornassio”, costituita da appassionati di enogastronomia, produttori del vino ed amministratori locali, che indossano la tradizionale “tunica” formata da cappuccio rosso, mantello double face (rosso rubino come l’Ormeasco e rosa corallo come lo sciac-trà di Ormeasco) e si riuniscono periodicamente per rinnovare il loro legame con le più profonde tradizioni del territorio.
Una cantina storica è sicuramente l’azienda Guglierame che ha sede nell’antico castello di Pornassio, con prodotti caratterizzanti totalmente il territorio e capaci di una longevità pluridecennale. Altre aziende da ricordare sono cantina Case rosse, Fontanacota, Cascina Nirasca e Lupi. Il più grande produttore di Ormeasco risulta però essere la Cooperativa dei Viticoltori Ingauni con sede ad Ortovero che raccoglie le uve di quasi 200 soci iscritti, che sono distribuiti su un territorio della Riviera Ligure di Ponente che và dal Finalese, all’Albenganese fino al territorio di Diano Marina, mentre l’entroterra riguarda in parte la Valle del Lerrone e soprattutto la Valle Arroscia risalendo da Albenga fino al comune di Pornassio passando per Ortovero.

Vino particolarmente versatile a tavola, sposa sia primi piatti robusti, con sughi di carne, sia secondi a base di carni bianche e rosse; ben si accosta alla cucina ligure sia di terra che di mare: da giovane accompagna agnolotti al sugo di carne, polenta con salsiccia, ma l’abbinamento più gradito in zona è con un piatto robusto di stoccafisso, reperibile facilmente a Pieve di Teco, nelle caratteristiche botteghe sotto i già citati portici. Il Superiore si abbina al piccione ripieno, coniglio in umido, o in porchetta, formaggi teneri, ma anche più semplicemente alla cucina bianca; lo sciac-tra accompagna al meglio la zuppa di pesce alla ligure, il caciucco, e una buona pizza.
Da provare con un polpo cotto in riduzione di ormeasco superiore su quennelle di patate aromatizzate al burro di ginepro.

 

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