Granaccia: il rosso ligure da barrique

La Doc Riviera Ligure di Ponente, territorialmente estesa da Arenzano a Ventimiglia, ha subito molte modifiche al proprio disciplinare. Nel 2003 si è affrancato l’Ormeasco di Pornassio, ma negli anni successivi sono state evidenziate varie sottozone: “Riviera dei Fiori”, “Albenganese”, “Finalese”, “Quiliano” e “Taggia”. Se la sottozona Taggia ha il Moscatello, è fuori di ogni dubbio che la sottozona Quiliano abbia l’attore principale nella Granaccia.

Si tratta di una rarità dell’enologia ligure, una vera eccellenza prodotta soprattutto in alcuni comuni della Riviera di Ponente, con Quiliano a fare da traino.

Il comune, (in origine Aquilanum), situato nell’immediato entroterra fra Savona e Vado Ligure, è una delle più importanti testimonianze del periodo romano: ben evidenti numerosi ponti che si diramano lungo la via Augusta, l’antica via Romana di raccordo con la via Aurelia. Come molti comuni liguri, subì negli anni varie dominazioni: dai Marchesi del Carretto (famiglia franca che controllava, verso la fine del 1100, molte zone del basso Piemonte e della Liguria occidentale) alla Repubblica di Genova, per poi essere inglobato nel Regno di Sardegna e successivamente nel Regno d’Italia. Il Comune è composto da due centri principali: Quiliano e Valleggia e alcune frazioni montane con un territorio immerso nel verde incontaminato, che rivela molti borghi incastonati tra le vallate. Qui tra uliveti, pini secolari e faggete, è radicato il vitigno a bacca nera più coltivato nel bacino del Mediterraneo: la Granaccia. Ed è proprio nel comune di Quiliano che va in scena l’annuale appuntamento dedicato all’omonimo vino e ai rossi di Liguria; perché è  la zona di Quiliano ad avere una lunga tradizione di coltivazione della Granaccia. Il vitigno, di sicura origine spagnola, è tra i più popolari e rinomati nella penisola iberica assumendo qui il sinonimo di Alicante dal nome di una città nel sud. Venne portato nel 1400 in Sardegna durante la dominazione dell’isola da parte degli Aragonesi, per poi diffondersi in altre zone d’Italia e in Francia, soprattutto nella zona del Roussillon e del Rodano meridionale. Fu impiantato successivamente in Liguria attorno al 1700 da alcune famiglie che avevano avviato rapporti commerciali con la Spagna (in particolare con la città di Granada da cui deriverebbe il nome Granaccia). L’Alicante è diffuso altresì in Toscana, Lazio, Umbria, Emilia e Sardegna ed è conosciuto, a seconda delle regioni in cui viene coltivato, con nomi differenti: Cannonau in Sardegna, Tocai o Tai rosso nel Veneto, Granaccia in Liguria e Vernaccia nera nelle Marche. Nonostante il nome sia simile, non ha nessuna familiarità con la Vernaccia, un altro vitigno italiano diffuso in Sardegna. In questo caso il termine “vernaccia” deriva infatti dal latino “vernaculum”, tipico del posto. Una teoria non confermata da fonti storiche afferma che l’assonanza Granaccia Vernaccia possa avere origine dalla città di Vernazza, suffragando quindi la Liguria come punto di partenza per il suo sviluppo in Italia.

Il clima mite della zona offre una temperatura adeguata alla maturazione del grappolo. Il terreno deve essere piuttosto calcareo, argilloso, con buona fertilità, lavorato con piccole macchine agricole o vangato a mano sulle caratteristiche fasce liguri. Le viti sono coltivate in zone impervie, costante nel panorama viticolo regionale, con operazioni quasi tutte manuali, senza meccanizzazione, con il conseguente rischio di abbandono del vigneto.

La tradizione mediterranea vuole questo vitigno allevato “ad alberello”, così che il fogliame della pianta d’estate ombreggi la radice, proteggendola dai raggi del sole nelle ore più calde. Mentre altri vitigni sono pronti ad essere vinificati già dopo tre anni dalla messa a dimora, la granaccia ha bisogno di un tempo maggiore, ed è per questo, oltre al fatto che il vino risulta particolarmente alcolico, che a volte venga unito a uve dalla gradazione minore (come il Syrah, o la Barbera) in modo da ottenere anche vini più leggeri e rosati di pronta beva.  Negli ultimi anni la granaccia è stata locata anche nella zona dell’Albenganese con risultati eccellenti, come dimostrano i premi conferiti alla cantina Durin di Ortovero. Molti produttori della Riviera Ligure di Ponente, sull’esempio di quelli storici come Innocenzo Turco (uno dei primi a credere nelle potenzialità del vitigno), stanno impiantando la Granaccia in tutto il territorio della DOC: la cantina Casanova a Finale Ligure, la Cantina Feipu dei Massaretti ad Albenga, Cascina Praiè ad Andora, altre nell’imperiese ed anche nel sanremese. Una scommessa sicuramente degna di essere citata è quella di quattro imprenditori che hanno deciso di creare la loro azienda ai confini con il Piemonte, in Val Bormida a Roccavignale dove la loro azienda (Rocca Vinealis) ha dedicato alla Granaccia 2 ettari e 11.000 barbatelle.

La Granaccia in Liguria ha ancora numeri produttivi molto limitati, ma costituisce una rarità di alta qualità, risultando senza dubbio come uno dei vini rossi più importanti nel panorama enoico regionale, perché la Liguria è sicuramente terra di grandi bianchi, ma si sta affermando con rossi di altissima qualità accomunati tutti da una caratteristica intrinseca: il mare. Vista la forte colorazione dell’acino, il vino che si ottiene alla vista appare di un rosso rubino molto intenso con riflessi violacei. Olfattivamente il vino sprigiona un insieme di aromi ricco e intenso, in cui è possibile distinguere piacevoli note di frutti a bacca nera (more, mirtilli e ribes nero), accompagnati da un’intrigante ma non invadente spaziatura. Al palato è secco, di corpo, di buona gradazione alcolica, offuscata da una vibrante acidità, rotondo, con ricchi tannini che lungo il percorso di invecchiamento si fanno sempre più setosi, con uno straordinario equilibrio tra le sue componenti dure e morbide. È sicuramente il vino rosso ligure che più si presta ad un affinamento in botti anche di piccole dimensioni (barrique e tonneau) le quali conferiscono al vino l’equilibrio prima citato e gli aromi terziari di resine, spezie e di balsamicità.

Il vitigno ben si comporta anche affinato in acciaio, dando un prodotto meno impegnativo ma di sicura piacevolezza e bevibilità. Vino che per le sue caratteristiche risulta piuttosto longevo e abbinabile a tagliatelle ai funghi, cacciagione, carni rosse, coniglio alla ligure, piatti di carne dalla spiccata aromaticità e formaggi stagionati. Un vino rosso di mare… da amare.

Franco Demoro

I Produttori

Azienda Agricola Innocenzo Turco – Via Bertone, 7 – Quiliano (SV)
Tel.019.9250445 – www.innocenzoturco.it – info@innocenzoturco

Cantina Casanova Vigna e Vino – Località Sottoripa 2 – Finale Ligure (SV)
Tel.019.690612 Cell.331.8776535 – www.cantinacasanova.altervista.org – cantina.casanova@gmail.com

Azienda Agricola Cascina Praiè – Loc. Colla Micheri – Andora (SV)
Tel./Fax 019.602377 – www.cascinapraievini.it – praievino@alice.it

Cascina Feipu dei Massaretti – Regione Massaretti 7 – Albenga (SV)
Tel.0182.20131 – www.aziendamassaretti.it – mirco.mastroianni.albenga@gmail.com

Azienda Vinicola Punta Crena – Strada Vecchia 19 – Varigotti (SV)
Tel.019.698522

Azienda Agricola Rocca Vinealis – Via Nazionale 62 – Roccavignale (SV)
Tel.3933305772 – www.roccavinealis.com

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