Salviamo le nostre botteghe

Nota della redazione

Questo articolo è stato scritto prima dell’emergenza Coronavirus, ma è proprio nella straordinaria situazione in cui ci troviamo ora che si rivela fondamentale il valore delle piccole botteghe del nostro entroterra come anche l’importanza di quelle dei nostri quartieri. Un patrimonio davvero da difendere.

Poca retroguardia e tanta visione del futuro. Il tema della salvezza delle botteghe montane rappresenta l’esatto contrario di quello che può apparire a prima vista. Per chi si occupa di vicende legate all’entroterra e alle vallate, la criticità del piccolo commercio d’altura è la questione del momento seppur affrontata con colpevole ritardo. A rimarcarla, mediante toni da vero e proprio allarme, è stato, addirittura, il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini: “Se l’Italia perde le botteghe, noi perdiamo l’Italia per come la conosciamo”. Lo scrittore Mauro Corona non è stato da meno: “Solo l’anarchia può salvare le botteghe e la montagna dalla morte”.

Già, una fine scritta e scontata. Un’agonia provocata da molteplici fattori. In primis, la burocrazia e la tassazione. A seguire, lo spopolamento e la carenza di servizi primari che rendono praticamente impossibile la vita di una famiglia nei paesi d’altura.

Liguria e Piemonte, il nord ovest in generale, come vivono il fenomeno? Lungo l’appennino intorno al genovesato, ormai da un lustro, i due collaboratori di Liguria Food, Sergio Rossi e Gilberto Volpara, affrontano la questione settimanalmente dagli schermi televisivi di Primocanale. Un impegno recentemente riconosciuto come caso nazionale sul palco milanese di Golosaria. Il cucinosofo spiega: “Appunto, un impegno scattato da diverse stagioni. Lo spunto è nato dall’indifferenza mostrata dalla politica con l’ex vice ministro all’economia Enrico Morando che, sostanzialmente, fece intendere come ciascuna azienda di queste minime dimensioni dovesse badare alla propria sussistenza e al diavolo chi non ci fosse riuscito. È, invece, una battaglia di civiltà ed economia. Grazie al pressing mediatico, qualcosa si è mosso anche se ancora troppo poco. In Liguria, Regione e Camera di Commercio, hanno avviato alcuni bandi certamente utili ai negozianti. Gruppi privati come Carrefour Express hanno fornito l’opportunità ai bottegai di rifornirsi a prezzi calmierati. Ma non basta. Premesso che soltanto una fiscalizzazione mirata servirebbe in modo concreto a riattivare, almeno in parte, simili posti di lavoro, la sintesi è che sta in piedi esclusivamente chi può lavorare in locali propri, senza affitto, e soprattutto con la volontà di creare qualcosa di artigianale invogliando “i foresti” a salire fin lassù unendo così turismo e gastronomia”.

A Vobbia, minuscolo comune di Vallescrivia noto per lo splendido Castello della Pietra, per esempio, oggi, resiste un unico centro. Nato come macelleria, ora, il titolare Gianni Torrigino ha ampliato l’offerta a più ampio raggio diventando commestibili con consegne a domicilio per gli anziani: “Stiamo in piedi essendo a casa nostra e unendo quello che consideriamo un servizio sociale al rifornimento dei nostri insaccati nelle rivendite cittadine. Raggiungiamo il capoluogo con il nostro furgoncino due volte a settimana”. Qualche chilometro più a nord, Pietrafaccia di Ronco Scrivia, la famiglia Percivale ha detto basta dopo quasi un secolo: “Un tempo c’era l’albergo, poi solo il negozio. Adesso, per un giovane non ha più senso”. A Pietralavezzara di Campomorone, la combattiva e storica signora Maria ha lasciato il passo a una ragazza: “Non ho avuto figli e ho sempre vissuto per la mia bottega. Se andrà avanti con la nuova timoniera, per me, sarà la soddisfazione più grande della vecchiaia”. 

Se più speranza concreta o utopia, solo il tempo potrà dirlo mentre la conta delle saracinesche abbassate prosegue senza sosta attraverso le varie latitudini, colline o Alpi non fa differenza. Il modello tirolese per far vivere la montagna, ossia quello di una banca, un ufficio postale, una scuola, una corriera e un negozio, almeno in Liguria, ha abdicato da tempo. C’è ancora spazio per non consegnare tutto alla desertificazione sociale e ambientale? La sintesi di Sergio Rossi, esperto di cultura ed economia contadina: “Esclusivamente con programmazione e progettualità. Non c’è più bisogno di eroi, servono persone serie che devono essere aiutate da professionisti, supportati dalla politica, con attenti piani economici. L’improvvisazione è l’anticamera di una morte certa. Dispiace che una questione assai delicata, e possibile conseguenza di occupazione reale, nonché di vitalità territoriale, venga affrontata dalla politica esclusivamente alla vigilia di ogni campagna elettorale e poi stop. Qui non c’è alcuna lobby, c’è solo l’amore per paesi a rischio estinzione”.

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