La Testa in Cassetta, l’insaccato ligure

La testa in cassetta è la materializzazione del famoso detto popolare “del maiale non si butta via niente”. Infatti, è proprio dalla testa del suino che si ricava questo splendido salume. 

Figlio di una tradizione antica, radicata un po’ in tutta Italia, si tratta di un prodotto soprattutto invernale, da mangiare “fresco”, meno adatto alla stagionatura. Il nome deriverebbe dall’antico utilizzo di contenitori di legno per la pressatura del salume appena confezionato, peraltro lo stesso passaggio produttivo che le ha conferito altri nomi come soppressata. La pensava così anche Angelo Paganini, compilatore del Vocabolario domestico Genovese-Italiano (Genova, 1857) che propone questa definizione:

Testa in Cascetta, Soppressata. Carne della testa del maiale tagliata in pezzi, condita con droghe, cotta dentro un ventricolo, come s’usa in Genova, o dentro un panno di lino come s’usa in Toscana, e soppressata o messa in soppressa.

Altra ipotesi è quella riportata, nel 1939, sul periodico del Touring Club Italiano (Le vie d’Italia), all’interno di un articolo dedicato alla cucina ligure:

La carne ricavata dalla testa del maiale, cioè la guancia e le orecchie, ricche di parti molli e di parti cartilaginose avvicendate, si taglia a pezzi piuttosto grossi, s’insacca in un budello, che, nel gergo dei salsamentari, si chiama calzetta, appunto per la sua somiglianza con tale indumento, poi, salata, soppressata e tenuta alquanto tempo a cuocere, si affetta, ed è un salume gustosissimo. Si chiamava dapprima testa in calzetta, poi la locuzione si corruppe, o si ingentilì, in testa in cassetta, e così è conosciuta adesso. L’alternanza fra le voci testa in cassetta e soppressata, porta a volgere lo sguardo verso un passato più lontano.

Nel periodo compreso fra il XV e il XVI secolo, la supressata, citata nei capitoli dell’Arte dei formaggiai, allora autorizzati al commercio di questo e altri salumi, come pure alla produzione della stessa, probabilmente corrispondeva a qualcosa di simile alla testa in cassetta. Ai formaggiai era consentito anche acquistare direttamente “porci vivi” da destinare alla trasformazione in salumi, senza poter vendere alcuna carne fresca se non musi e piedi, ovviamente con la finalità di tutelare il lavoro dei macellai, loro concorrenti diretti [Nicola Calleri, L’Arte dei Formaggiai a Genova tra Quattro e Cinquecento, Genova 1996]. Peraltro, proprio a metà del Cinquecento, la voce supresatto compare fra le derrate alimentari destinate all’accampamento delle truppe genovesi impegnate nell’assedio del castello di Montoggio. In particolare, il 21 aprile 1547 figura un acquisto di 19 libbre di supresatto pagato 2 lire, 18 soldi e 6 denari.    

Se è vero che la testa in cassetta è un insieme di carni differenti riunite dopo un processo di lessatura e concia con aromi, in realtà si tratta di un salume complesso, che vive di un suo particolare equilibrio fissato da ciascun produttore nel punto desiderato, secondo le proprie usanze, i propri metodi e i propri gusti.

È anche un prodotto che nei vari passaggi della preparazione vede l’articolato ramificarsi di innumerevoli seppur piccole varianti, a partire da marcate differenze produttive fino a giungere a sfumature apparentemente ininfluenti capaci di conferire sapori e aromi singolari e riconoscibili. E spesso sono proprio queste sottigliezze a connotare i differenti produttori. Non già una classifica da primati, ma una sorta di tavolozza di sapori nella quale molti concorrenti si collocano al medesimo livello, pur con le debite sfumature che determinano le preferenze del pubblico. Perché, segreti a parte, le ricette dei singoli produttori prevedono piccole variazioni già negli ingredienti base. Si, certo, la testa del maiale è il punto di partenza, ma assieme a quella possono associarsi porzioni ridotte di parti più nobili, come la pancetta, oppure tagli bovini come la lingua, sezioni di muscoli ecc. Risulta evidente che ogni innesto di parti differenti implica anche una perfetta conoscenza della lavorazione di ciascuna di esse. Prendiamo la lessatura, per esempio. L’artigiano esperto sa benissimo che non tutti i tagli sopportano la medesima cottura e per questa ragione dosa i tempi di estrazione dall’acqua bollente secondo le caratteristiche dei tagli usati. La fase successiva consiste nella salatura e concia con i vari sapori. Anche qui si apre un mondo, poiché se è vero che le spezie, le erbe aromatiche e gli aromi all’incirca sono gli stessi, le piccole differenze cambiano comunque il risultato finale, sia per la miscela adottata, sia per le dosi impiegate.

Senza contare l’uso comune di un vino, un liquore o un distillato da inserire nella concia: marsala, rhum, grappa, anice o altro, contribuiscono alla costruzione di un aroma finale “personalizzato”.

Se torniamo al presupposto iniziale, cioè che del maiale non si butta via niente e dunque che la testa in cassetta nasce come salume “del recupero”, si capisce bene che nei secoli questa vocazione iniziale è stata per così dire “ingentilita, arricchita” di un carattere di nobiltà, tanto che in molte zone del genovesato la testa in cassetta è stata per decenni il salume delle tavole natalizie. Infatti, è un prodotto invernale che proprio per la possibilità di essere gustato a pochi giorni dalla preparazione, ha vissuto il suo consumo più usuale durante la stagione fredda. Un salume che a qualcuno può sembrare perfino grezzo, rispetto ai più nobili prosciutti e ai rinomati salami, in realtà è un concentrato di sapienza artigiana, di conoscenza del mestiere di macellaio, prima, e salumaio, poi. Con la testa in cassetta non ci si improvvisa. Per giungere a un buon risultato finale occorre saper dosare le carni, riconoscerne le caratteristiche, sottoporle alla corretta cottura e alla giusta concia. L’esito di queste attenzioni deve portare a un salume equilibrato, mai stucchevole, né pesante. Profumato e aromatico ma in modo gradevole, senza prevalenze di sapori. Sembra facile…

Sergio Rossi

IL GASTROTOUR DELLA TESTA IN CASSETTA

Come ben spiegato nell’articolo di Sergio Rossi, nella tradizione della Testa in Cassetta ligure ogni produttore ha un segreto nella propria ricetta che viene custodito gelosamente.

La redazione di Liguria Food ha fatto un giro di alcuni produttori per tentare di saperne di più. Il nostro tour parte da Finale Ligure dove ha sede lo stabilimento del Salumificio Chiesa. Fondata nel 1913, il moderno edificio è stato inaugurato nel 1989. Ci è stato aperto il laboratorio e abbiamo avuto la fortuna di assistere a tutte le fasi della lavorazione: la Testa in Cassetta è prodotta con le teste di maiale bollite tradizionalmente e poi disossate a mano a coltello. L’aggiunta di lingua e muscoli magri caratterizza la marcata diminuzione delle percentuali di materia grassa, rendendo il salume più adatto ai giorni nostri. Le spezie ed i pistacchi, aggiunti prima dell’immissione in stampo, sono un concentrato di profumi che si sprigionano al taglio. Chiesa è uno dei produttori più strutturati e lo trovate sia nelle piccole botteghe che nella grande distribuzione. La sua Testa in Cassetta si è fregiata nel 2009 del Premio Dino Villani per la valorizzazione di un prodotto tradizionale eccellente della tavola italiana. Ma non si tratta dell’unico prodotto legato al territorio. Grazie ad una continua ricerca il Salumificio Chiesa ha saputo abbinare ai suoi salumi i prodotti d’eccellenza della Liguria. Ecco allora la pancetta alle erbe aromatiche liguri, il salame all’aglio di Vessalico o il lardo al Basilico Dop e le salsicce al Pigato o all’Aglio di Vessalico e Rossese. Per maggiori info www.albinochiesa.it.

La seconda tappa è stata all’Azienda Agricola Pastorino di Pontinvrea, una piccola realtà agricola, ubicata nell’ entroterra savonese a 550 metri sul livello del mare che nell’allevamento da carne ha saputo e voluto rimanere fedele alla tradizione, riuscendo così a produrre una carne sana, genuina e dalle qualità organolettiche eccellenti. In stalla vengono allevati bovini di razza piemontese e suini, tutti alimentati con foraggi autoprodotti in zona e con mangimi OGM free ottenuti nel piccolo mangimificio aziendale. La macellazione avviene settimanalmente e nello spaccio si può acquistare sia in piccola quantità, sia in pacchi famiglia (i tagli più pregiati come filetto e sottofiletto vanno prenotati in anticipo). Consigliamo comunque di fare visita preferibilmente nel fine settimana per avere una più ampia scelta, anche perché l’Azienda Agricola si è attrezzata per diventare un punto di ristoro per chi percorre l’Alta Via dei Monti Liguri. I prodotti sono adatti per i celiaci o per chi presenti altre intolleranze alimentari.  Non viene utilizzata alcuna farina o additivo sia nella carne che nei salumi, ottenuti solo con carne insaccata in budello naturale. Oltre alla Testa in Cassetta, vengono prodotti salami, pancetta, bresaola, lardo e lardo macinato. Non perdete il prosciutto crudo: Pastorino fa stagionare la sua produzione in un’azienda di Parma! Per maggiori info: www.aziendaagricolapastorino, Via Giovo 116, Pontinvrea (SV) tel. 019 705105.

Ci spostiamo di pochi chilometri ed eccoci a Sassello alla Macelleria Giacobbe: una lunga storia certificata persino dalla Regione Liguria. Nel testo della scheda del Prosciutto Cotto inserito fra i PAT, si legge che la ricetta ligure nasce proprio da quella della Macelleria Giacobbe di cent’anni fa. Oggi Giovanni e Teresa conducono un negozio di macelleria-salumeria ben noto anche fuori regione, in particolare proprio per il prosciutto cotto e per la Testa in Cassetta. Per quest’ultima Giovanni mette in evidenza una brillante fantasia aggiungendo al tipo tradizionale quella alle mele, pinoli e cannella e quella agli agrumi del territorio (scorze fresche di chinotti, limoni e arance Pernambucco dell’entroterra di Finale Ligure). La macelleria tratta solo carni del territorio macellate in proprio, ovvero bovini di razza Piemontese, che propone con un’adeguata frollatura; inoltre, suini, ovini e caprini provenienti solo da piccoli allevamenti locali. Tra i salumi, oltre al prosciutto cotto, alle teste in cassetta, alle pancette crude, alla coppa e agli ovvii salami crudo e cotto, spiccano il paté di lardo e una profumatissima pancetta cotta. Insomma, non solo i prodotti più diffusi e popolari, ma tanta originalità con una grande cura per i profumi. Per info: www.macelleriagiacobbe.it – Piazza Giacomo Rolla 7 – 17046 Sassello. Tel 019724118 macelleriagiacobbe@gmail.com.

Torniamo sul mare ed entriamo nel genovesato: vi abbiamo parlato della Ristomacelleria Viglino nel numero scorso di Liguria Food. La sua Testa in Cassetta aveva colpito anche l’indimenticato Veronelli che, nell’ormai introvabile Guida all’Italia Piacevole del 1969, cita la Macelleria Viglino per le salsicce e la Testa in Cassetta come prodotti da non perdere in occasione di una visita a Cogoleto: Ristorante Macelleria Viglino, Via Colombo 52 Cogoleto (GE) tel. 0199183278.

A questo punto facciamo un salto a Gattorna, la città dei giocattoli, a trovare la Macelleria Fratelli Basso. La Macelleria Fratelli Basso nasce a Gattorna nel 1961, una piccola bottega di paese di quelle in cui il macellaio vendeva la carne sul banco di marmo. Da allora con perseveranza ha saputo tramandare fino ai giorni nostri tutta la sapienza e la capacità nello svolgere questo antico mestiere. Nel 2011 è stato inaugurato il nuovo impianto di macellazione a bollo CEE, unico impianto in Liguria dotato di attrezzature e ambienti all’avanguardia sotto il profilo igienico-sanitario.  Lo scorso anno è stata poi la volta del nuovo punto vendita. Le carni sono minuziosamente selezionate e una particolare attenzione è dedicata al territorio. I fratelli Luca e Marco Basso hanno sposato la causa del Presidio Slow Food della Razza Cabannina, unica con origine in Liguria, diffusa nella zona montuosa dell’Alta Val Trebbia, dell’Antola e dell’Alta Valle Stura e nei comuni di Rezzoaglio e Santo Stefano D’Aveto. I salumi sono mostardella genovese, cacciatori, salame di Cabannina, salame di cinghiale, bresaola, testa in cassetta, prosciutto cotto, pancetta arrotolata, coppa stagionata, luganega e salsiccia. La macelleria Basso offre, attraverso il proprio sito internet, anche la consegna direttamente a domicilio e, fedele al detto che il macellaio non butta via niente, ha avviato una collaborazione con medici veterinari per la preparazione di alimenti naturali per cani e gatti. Per maggiori info: www.macelleriafratellibasso.it, Via XXIII Settembre 8/B, 16047 Gattorna (GE) Tel. 0185 934533.

Il nostro tour prosegue sulle alture di Chiavari, nell’Antico Salumificio Castiglione. La tradizionale lavorazione di salumi dell’Antico Salumificio risale agli inizi del secolo, quando già il nonno dell’attuale proprietario, aperta la bottega di macelleria, ricco delle nozioni tramandategli dai genitori contadini, cominciò a “lavorare” il maiale.  Con il passare degli anni il figlio continuò con passione questa attività, e oggi i nipoti continuano la produzione artigianale usando le ricette familiari tramandate di padre in figlio.  Tutti i prodotti sono senza glutine né lattosio o altri derivati del latte e la genuinità della materia prima è garantita dall’utilizzo di carne di prima qualità proveniente solo da allevamenti italiani.  Nel punto vendita di Castiglione Chiavarese i fratelli Camillo e Alessandro vi aspettano per gustare l’intera produzione che comprende prosciutto cotto, salami, bresaola, coppa, pancetta, testa in cassetta e salsiccia.  Ma potete cercare i prodotti dell’Antico Salumificio nelle migliori botteghe enogastronomiche del Golfo del Tigullio e di Genova. Per info: www.anticosalumificiocastiglione, via A. Canzio 64, 16030 Castiglione Chiavare, tel. 0185 408025.

Concludiamo il nostro tour a Pignone (SP) presso il Salumificio Pignone, un’azienda nata dalla passione per i prodotti di alta qualità artigianale di Fulvio ed Alessandra Viaggi. Il salumificio produce salumi di altissima qualità nel rispetto delle antiche tradizioni, esclusivamente con carni suine da allevamenti italiani controllati. Per info: Salumificio Pignone, via Levanto 397 – Pignone SP – Tel. 0187.887839 –  www.salumificiopignone.it.

L’ABBINAMENTO ENOLOGICO

Analizzando il piatto nella sua essenza ci troviamo davanti ad un salume fatto con testina, cartilagini, cuore, lingua, cotiche del maiale e aromatizzato con pepe, cannella, sale chiodi di garofano e altre a seconda della zona di produzione. Importante ai fini dell’abbinamento è considerare la grassezza, l’aromaticità e la riduzione per cottura, essendo un salume che cuoce a lungo per rendere le carni morbide. La grassezza è ulteriormente accentuata dalla gelatina animale ottenuta nella cottura. Quindi il vino deve sgrassare la bocca, deve avere un buon corpo per contrastare la concentrazione di cottura e un vino con una buona aromaticità, complessità e persistenza aromatica lunga. Uno spumante metodo classico rosato con una buona permanenza sui lieviti sarà capace con la sua acidità e leggera tannicità di sgrassare la bocca e con la sua complessità, e corpo si integrerà alla perfezione con la consistenza e aromaticità del salume. Due esempi “Basura Rosè” della cantina Durin e “2 zero 7” della cantina Maffone. Provare per credere!!!

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