Da Scola a Castelbianco: aperitivo e cena

La valle è quella, ombrosa e verdeggiante, del Pennavaire, con a sinistra il massiccio di Castellermo, montagna sacra sin da tempi dei ligustici che qui cacciavano e celebravano riti nelle grotte e in cima alle falesie, oggi diventate attrazione turistica per gli appassionati di free climbing. Castelbianco, con i suoi borghi diventati frazione, è conosciuto per le sue ciliegie, i suoi fagioli “gianetti” e Colletta, un pugno di case abbandonate negli Anni ‘50 e diventate uno dei primi borghi telematici d’Italia grazie ad una visione paesaggistica dell’architetto De Carlo, uno dei giganti del ‘900. Ed è a Colletta che Samuele Scola, sotto la supervisione di papà Fausto (che di pensione non vuol sentire parlare), ha aperto un locale che è bar, locanda, punto di incontro che richiama decine di giovani e meno giovani attirati da ricchi apericena di gusto ligure accompagnati da vini, cocktail o, preferibilmente, dalle birre prodotte da Samuele, tra cui quella al mosto di Pigato di BioVio.

Dopo l’aperitivo a Colletta è d’obbligo la cena al ristorante Scola, a poche decine di metri. Proprio di fronte c’è un’altra eccellenza, scusate la dimenticanza, della Val Pennavaire: il luppolo biologico usato per le birre di Scola, un terreno recuperato e destinato ad un prodotto antico e nuovo, che qui ha trovato un territorio “amico ed ospitale”, come racconta Samuele.

Se un tempo il ristorante era meta per i pranzi domenicali delle famiglie ingaune, oggi è un ristorante gourmet che, pur non dimenticando le antiche ricette, propone una cucina moderna e innovativa.

In sala Gabriele Scola (ma anche qui la supervisione di Fausto è una certezza), sommelier di rango, in cucina Chef Marco Berardinelli, che dal 2019 guida il progetto gastronomico del ristorante della famiglia Scola, e il team di cucina: Roberto Rummolo, Michela Gusciglio chef pasticcera, e poi Matilde Rapetti e Giulia Leoni.

Il locale è elegante, con tavoli ben distanziati, tovagliato di classe, cantina ottimamente rifornita, giardino fresco e accogliente, così come accogliente e gentile è il personale. Un locale ideale per una cena a due, ma anche per fare festa.

La sera della nostra visita abbiamo scelto il menù “moderno” (ma ne esiste uno dedicato ai vegetariani e, ovviamente, alla carta, dove si trovano i piatti classici della cucina ligure), 6 portate a 72 euro, 5 a 60 euro, dove la Liguria convive con la Val Pennavaire e una buona dose di eccellenze italiane, come lo storione abbinato, tra l’altro, alla spuma di tartufo nero estivo, o il plin di cipollotto, anguilla affumicata, burro acido e cacao. Prima una serie di appetizer mignon, belli nella forma, buoni al palato, con il gioco del “sono quel che non sembro”. Sorprendente il riso Carnaroli abbinato alla trippa di baccalà e zenzero, ma anche il manzo piemontese con finferli e albicocche agrodolci ha conquistato il palato. Abbiamo accompagnato il tutto con lo spumante Abissi di Bisson (lo racconta meglio di me, in questo numero, l’amico Franco Demoro), che con la sua carica di iodio ha rafforzato il sapore di ogni piatto. Per finire i dolci, veramente una esplosione di croccantezza, sorpresa, visto che usare il peperone bruciato per un sorbetto non è da tutti, così come non è da tutti usare il timo limone per una meringata allo Yuzu e cioccolato bianco. La piccola pasticceria, servita con il caffè, è vicina alla perfezione.

Stefano Pezzini

La Birra di Scola

La birra di Scola è una birra chiara di ispirazione belga realizzata con il metodo dell’alta fermentazione non filtrata e non pastorizzata. Caratteristica delle birre belghe è che risultano più fruttate e presentano sentori di spezie, una gradazione media e una importante ma non invadente luppolatura, che in questo caso consiste in tre varietà: Cascade, Comet e Chinook, coltivate nel luppoleto di famiglia a Castelbianco. Questa birra ha un importante impatto olfattivo dove emergono toni floreali, frutta a pasta gialla ma anche tropicale (ananas, fruit passion e mango); in bocca è subito piacevole per l‘impatto dolce, quasi mieloso, ma per nulla stucchevole, per il gusto agrumato e morbido, e un finale amaro molto piacevole con una spuma consistente. Altra novità del birrificio Scola è la Birra al PigatoLe contaminazioni tra il mondo enologico e quello brassicolo sono di derivazione tutta italiana tanto da essersi aggiudicata il riconoscimento dello stile IGA, (Italian Grape Ale) come una classificazione degli stili di birra. Il processo produttivo, rigorosamente artigianale ad alta fermentazione, prevede l’aromatizzazione tramite aggiunta di uva, nel nostro caso il Pigato, che può essere al naturale oppure sotto forma di mosto fresco, vino o vinaccia e che può avvenire in qualsiasi fase del processo produttivo. Al naso le caratteristiche del Pigato sono evidenti ma in giusto equilibrio con le altre componenti aromatiche senza sovrastare gli altri aromi.  Si presenta con un bel colore dorato, mentre al naso riecheggiano le note di frutta tropicale, la frutta a pasta gialla come l’albicocca e la pesca (tipici del vitigno), in bocca la nota vinosa è presente e il malto ben supporta gli aromi dell’uva senza oscurarli. Una birra molto piacevole in bocca, beverina con una buona nota acida.  Personalmente spero che sempre più vinacce di Pigato rimangano in Liguria presso il birrificio Scola per essere protagoniste di una Iga Beer che possa essere prodotta ogni anno così da diventare un must.

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