Millesimo, mille sensazioni e profumo di tartufi

Per me che, ogniqualvolta il lavoro lo consenta, dileguo nei boschi dell’Alta Via lungo le tappe tra San Bernardo di Garessio e la Colla di San Giacomo, il borgo di Millesimo (non a caso uno dei “Borghi più belli d’Italia”) è respiro storico e rifugio gourmet.

L’abitato ascende ai Romani, un arroccamento lungo il percorso consolare della via Aemilia Scauri.

Chi mi segue su Ligucibario® (sono ormai tanti da tanto, no?) sa quanto io ami ed espliciti le mie full immersion in quel centro storico dominato dal Castello carrettesco da un lato (col sottostante Museo napoleonico) e dal Palazzo comunale dall’altro (con splendida meridiana), ma cui si può accedere suggestivamente – armigeri permettendo… – anche dal ponte fortificato della Gaietta. Lì, passeggio senza fretta sotto i portici medievaleggianti, ancora – Deogratias – punteggiati di commerci e botteghe del sapore, ma da lì gli sportivi del pedale trovano anche una ciclovia che li conduce a Cossèria (col commovente Museo della bicicletta del compianto Luciano Berruti) e poi a Carcare. Appena fuori dal centro, ecco poi l’austera Santa Maria extra muros, pieve romanica restaurata negli anni ’60, e qualche chilometro verso Murialdo disvela, saliti brevi tornanti, quel Santuario della Madonna del Deserto che è meta devozionale e da cui si dipartono molteplici opportunità trek&bike.

Millesimo è toponimo che in Liguria evoca anzitutto i tartufi, un’animata e sentita festa autunnale, riconosciuta nel 2018 dal Mipaaf e quest’anno giunta alla 30a edizione (si svolgerà dal 30 settembre al 2 ottobre), li sostanzia anche in senso divulgativo, con mercato, momenti di “cerca” (la cerca e cava del tarfufo è assurta nel 2021 a patrimonio Unesco), mostre e convegni, attività di edutainment e menu tematici (buon appetito!). In val Bormida i tartufi sono tradizionali sulle uova fritte, ma – come noto – sposano sempre favolosamente carpaccio, tajarin, risotto, fonduta (e d’altronde la cucina locale s’incunea verso il Piemonte langarolo).

I tartufi sono funghi ipogei – terrae tuber –; erano divini per i Romani, in quanto scaturiti da un fulmine di Giove, e lungo i secoli si situano ininterrottamente fra gli afrodisiaci, se scrive l’umanista rinascimentale Bartolomeo Sacchi detto il Platina che il tartufo è “un eccitante della lussuria e perciò viene spesso servito nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e raffinatissimi che desiderano essere meglio preparati ai piaceri di Venere…”. Nascono soprattutto in terreni argillosi/calcarei, simbioticamente ad alcune piante (querce, tigli, pioppi, noccioli, salici…) più che ad altre. Onde evitare scavi brutali, la normativa nazionale oggi vincola all’impiego di cani, che dotati di un fiuto eccelso individuano ciò che devono (possono essere di razze bracco, pointer, spinone, cocker… e nondimeno qualunque esemplare che denoti energia ed applicazione, superando l’impegnativo addestramento previsto).

Molte le specie, di pregio ovviamente diseguale. I tartufi bianchi sono anche detti di Alba (trifole), i neri di Norcia/Spoleto o del Périgord. I primi sono migliori, anzi migliorissimi (mi si perdoni il fallace neologismo) e si gustano crudi, sottolineo crudi, i secondi viceversa si cucinano, unendoli ad altro, tradizionalmente dentro ricette di ripieni, arrosti…

Il tuber magnatum pico* (principe dei bianchi) nasce in pieno autunno, il tuber melanosporum (principe dei neri) matura in pieno inverno ed è assai diffuso in Toscana ed Umbria. Altre varietà reperibili – ma sino al botanico lombardo Carlo Vittadini la classificazione suscitò infinite controversie – sono l’aestivum (scorzone), il brumale (molto adattabile e da non confondere col nero), il macrosporum (assai sporadico), il mesentericum (nero ordinario)… In Liguria l’unica area assai vocata è appunto, in senso pedoclimatico, la val Bormida, dal rigido inverno (malgrado la vicina costiera savonese). Quanto agli abbinamenti enologici, di solito il tartufo abbina vini aromatici e dintorni, classico l’esempio del Gewürztraminer, da servire a 10-11°C in calici a stelo alto.

What else? Beh, Millesimo è anche molto altro.

Diacronicamente, nei secoli passati si dissodava il terreno affinché a valle della filiera i mulini macinassero cereali (segale, avena, frumento), e da là origina la sapienza panificatoria, ovvero buon pane, anche con le patate, grissini, la Tira “cairese”, gli Sciaccarotti in simbiosi con la limitrofa Roccavignale… Le macellerie locali espongono tentatrici salsicce, salami crudi, cotechini, trippe, ingegno di quinti quarti e artigianato prezioso per chi faticava nei campi e nei boschi. Da latte vaccino si sgronda Zuncò (la cagliata), e a maggio ho tripudiato in prima persona per alcune formaggette bio gustate in cascina dopo un’escursione a doline e menhir di Bric Tana. Dall’apicoltura giungeva e giunge il miele per profumate torte di nocciole (ma i boschi offrivano anche proteiche lumache). Nei campi del monastero di Santo Stefano crescono quel luppolo autoctono e quell’orzo distico necessari alla birra “Confine” che presenzia gli scaffali Coop e che, per quanto mi concerne, attenua la nostalgia degli anni gloriosi di Maurizio Ghidetti. E a Montecala verso Cossèria, infine, si coltiva zafferano.

Amico Lettore, programma il tuo tour, Millesimo attende coi suoi tartufi, le sue eccellenze, e alcune tavole d’assoluto rilievo, una – in particolare – “niveau Michelin”. E, prima di ripartirne, una elegante confezione di Millesini al Rhum – last not least – vedrai costituirà qualcosa in più che un souvenir (dimmi se come me li prediligerai con guscio fondente…).

* pico da Vittorio Pico, medico di Torino, che a fine ‘700 si cimentò in una “classificazione”

Umberto Curti

MILLESIMO DA GUSTARE

(A cura della redazione)

Senza ombra di dubbio la sintesi delle cose buone di Millesimo la trovate alla Bottega dei Sapori nella centralissima Piazza Italia, sotto gli antichi portici. Prima di tutti i tartufi: Paola Riolfo, figlia del tartufaio Gino, da cui ha ereditato la passione e la conoscenza del prodotto, e il suo staff sono a disposizione per introdurvi nello splendido mondo di questo pregiato fungo ipogeo. In Bottega trovate secondo il calendario di raccolta regionale, i pregiati tartufi bianchi e neri, compatibilmente con l’andamento dell’annata e delle mille varianti che ne influiscono la raccolta. Inoltre è presente una fornitissima enoteca dove hanno un posto di rilievo le bottiglie di Roccavinealis, la cantina della vicina Roccavignale, l’unica in Valbormida che da pochi anni ha impiantato vitigni di granaccia riuscendo ad aggiudicarsi nel 2022 il premio come miglior vino rosato con l’etichetta La Rebecca al XX Concorso Enologico Internazionale Città del Vino.  E, sempre perseguendo la politica di valorizzazione del territorio, qui potrete assaggiare i formaggi della vicina Bardineto, le castagna essiccate nei tecci di Murialdo e Calizzano, i liquori e i distillati del vicino laboratorio di Cengio senza dimenticare le numerose birre artigianali. Durante la bella stagione i tavolini allestiti sotto al portico del palazzo medioevale sono il luogo ideale per una sosta golosa e per assaggiare i prodotti da forno legati alla traduzione valbormidese come gli Sciaccatotti e la Tira, entrambe da provare assolutamente (Piazza Itala 58, tel. 338.1931806).

Segnaliamo inoltre che a Millesimo ha sede anche il Pastificio La Ginestra. Il nome ha origine da un campo che il padre dei titolari coltivava a grano e sul quale crescevano alcune ginestre. La storia del pastifico comincia più di 20 anni fa. Pur crescendo costantemente, in azienda si è fortemente voluta conservare l’artigianalità e l’alta qualità dei prodotti, inserendo nel tempo nuove ricette attraverso un lavoro di costante ricerca ed innovazione alimentare. Presupposto essenziale di tutta la produzione è l’accuratezza nella scelta delle materie prime, affiancate da un controllo minuzioso nelle varie fasi di lavorazione. Tutti i prodotti sono contraddistinti dalla sfoglia sottile, ma molto tenace in cottura, e dai ripieni golosi, proprio come la pasta fatta in casa, con la sicurezza e l’affidabilità della produzione eseguita secondo le più aggiornate norme europee di sicurezza alimentare. Tra i prodotti del pastificio spiccano le paste ripiene con un occhio di riguardo a quelle della tradizione ligure come pansotti e ravioli di boraggine e anche paste come le trofie al nero di seppia o alle castagne oppure  le picagge avvantaggiate. Il pastifico è in procinto di inaugurare il nuovo stabilimento a Murialdo. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito internet del pastificio: www.pastificiolaginestra.it

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