Granaccia: il grande rosso ligure

Una delle sottozone della Doc Riviera Ligure di Ponente, territorialmente estesa da Arenzano a Ventimiglia è dedicata alla sola viticoltura e vinificazione della Granaccia.

Siamo a Quiliano,  comune situato nell’immediato entroterra fra Savona e Vado Ligure, una delle più importanti testimonianze del periodo romano: ben evidenti numerosi ponti che si diramano lungo la via Augusta, l’antica via Romana di raccordo con la via Aurelia. Come molti comuni liguri, subì negli anni varie dominazioni: Romani, Francesi, Genovesi, Sardi e Spagnoli che, di volta in volta, importarono le loro viti e tecniche di vinificazione. Il territorio è composto da due centri principali: Quiliano e Valleggia e alcune frazioni montane immerse nel verde incontaminato, dove sorgono molti borghi incastonati tra le vallate.

La Granaccia è una piccola rarità dell’enologia ligure, un’eccellenza prodotta soprattutto in alcuni comuni della Riviera di Ponente, con Quiliano ambasciatore indiscusso: infatti nel comune va in scena l’annuale appuntamento dedicato all’omonimo vino e ai rossi di Liguria: quest’anno la rassegna, arrivata nel 2024 alla 19a edizione con l’organizzazione tenuta dalla rete di impresa “Vite in Riviera”. L’evento rappresenta un momento unico per far conoscere e valorizzare questo grande vitigno di origine spagnola, che è tra i più popolari e rinomati nella penisola iberica assumendo qui il sinonimo di Alicante dal nome di una città nel sud.

Venne portato nel 1400 in Sardegna durante la dominazione dell’isola da parte degli Aragonesi, per poi diffondersi in altre zone d’Italia e in Francia, soprattutto nella zona del Roussillon e del Rodano meridionale. Fu impiantato successivamente in Liguria attorno al 1700 da alcune famiglie che avevano avviato rapporti commerciali con la Spagna (in particolare con la città di Granada da cui deriverebbe il nome Granaccia).

L’Alicante è diffuso altresì in Toscana, Lazio, Umbria, Liguria Emilia e Sardegna ed è conosciuto, a seconda delle regioni in cui viene coltivato, con nomi differenti: Cannonau in Sardegna, Tocai o Tai rosso nel Veneto, Granaccia in Liguria e Vernaccia nera nelle Marche. Una teoria non confermata da fonti storiche afferma che l’assonanza Granaccia/Vernaccia possa avere origine dalla città di Vernazza, suffragando quindi la Liguria come punto di partenza per il suo sviluppo in Italia.

L’uva infatti si è adattata al clima e al terreno della regione, sviluppando caratteristiche distintive: il clima costiero mite della nostra regione offre una temperatura adeguata alla maturazione del grappolo e un  ambiente unico che contribuisce alla complessità e all’aroma del vino. Il terreno deve essere piuttosto calcareo, argilloso, con buona fertilità, lavorato con piccole macchine agricole o vangato a mano sulle caratteristiche fasce liguri. Le viti sono coltivate in zone impervie, con operazioni quasi tutte manuali, senza meccanizzazione e con il conseguente rischio di abbandono del vigneto. La tradizione mediterranea vuole questo vitigno allevato “ad alberello”, così che il fogliame della pianta d’estate ombreggi la radice, proteggendola dai raggi del sole nelle ore più calde.

Mentre altri vitigni sono pronti ad essere vinificati già dopo tre anni dalla messa a dimora, la Granaccia ha bisogno di un tempo maggiore, ed è per questo, oltre al fatto che il vino risulta particolarmente alcolico, che spesso venga unito a uve dalla gradazione minore (come il Syrah, o la Barbera) in modo da ottenere anche vini più leggeri o rosati di pronta beva.

Innocenzo Turco, uno dei primi a credere nelle potenzialità del vitigno, produce a Quiliano una Granaccia che rappresenta la tradizione più pura e famosa della Liguria: un rosso non troppo concentrato ma dalla classica impronta marina. Anche in altre zone della Riviera Ligure di Ponente, alcuni produttori stanno impiantando la Granaccia nel territorio consentito dalla Doc: la cantina Casanova a Finale Ligure, la Vecchia Cantina, la Cantina Feipu dei Massaretti, Calleri e Biovio ad Albenga, Cascina Praiè ad Andora, Viticoltori Ingauni a Ortovero, oltre che nell’imperiese ed anche nel sanremese come Podere Grecale. Anche nell’entroterra della Valle Arroscia, cantine come Massimo Alessandri, Bruna, Fontanacota e Maffone stanno investendo su questo vitigno con ottimi risultati suffragati dalle guide e dai concorsi nazionali ed internazionali. Una realtà oramai vincente è quella di quattro imprenditori che hanno deciso di creare la loro azienda ai confini con il Piemonte, in Val Bormida a Roccavignale dove la loro azienda (Rocca Vinealis) ha dedicato alla Granaccia 2 ettari e 11.000 barbatelle.

La Granaccia in Liguria ha ancora numeri produttivi limitati, ma costituisce una rarità di alta qualità, risultando senza dubbio come uno dei vini rossi più importanti nel panorama enoico regionale, perché la Liguria è sicuramente terra di grandi bianchi, ma si sta affermando con rossi di altissima qualità accomunati tutti da una caratteristica intrinseca: il mare.

Vista la forte colorazione dell’acino, il vino che si ottiene alla vista appare di un rosso rubino molto intenso con riflessi violacei. Olfattivamente il vino sprigiona un insieme di aromi ricco e intenso, in cui è possibile distinguere piacevoli note di frutti a bacca rossa, accompagnati da un’intrigante ma non invadente speziatura, e talvolta un accenno di pietra o terra bagnata. Al palato è secco, di corpo, di buona gradazione alcolica, offuscata da una vibrante acidità, rotondo, con tannini che lungo il percorso di affinamento si fanno sempre più setosi, con uno straordinario equilibrio tra le sue componenti dure e morbide.

Il vino tende a invecchiare bene:  quando è giovane ha note fruttate e facilità di beva, mentre acquisisce complessità e profondità dimostrandosi un vino che si presta ottimamente ad un affinamento in botti anche di piccole dimensioni (barrique e tonneau).

Queste conferiscono al vino un buon equilibrio, aromi di frutta secca e terziari di resine, cuoio, spezie e una leggera nota balsamica.  Il vitigno ben si comporta anche affinato in acciaio, dando un prodotto meno impegnativo ma di sicura piacevolezza e bevibilità. Vino che per le sue caratteristiche risulta piuttosto longevo e abbinabile a tagliatelle ai funghi, cacciagione, carni rosse, coniglio alla ligure, piatti di carne dalla spiccata aromaticità e formaggi stagionati. È bello perdersi tra un bicchiere di Granaccia ligure: un vino mediterraneo.

Franco Demoro

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