Le Raviore, deliziosa De.Co. di cucina bianca

Sono considerate, grazie anche al riconoscimento De.Co., il piatto iconico di Montegrosso Pian Latte. Sono le raviore, fagottini ripieni di un considerevole numero di erbe selvatiche tra cui l’erba amara, l’erba luisa, gli spinaci selvatici (engari), menta, ortica e tanto altro (a saperle e conoscerle le erbe!). Tradizionalmente erano conditi con acqua di cottura, poco burro e abbondante formaggio delle pecore brigasche. Poi, parliamo comunque di trenta, quarant’anni or sono, l’incontro con l’olio extravergine di oliva, che ne ha esaltato il sapore. Esiste una variante a Cosio d’Arroscia in cui le raviore, di dimensioni più grandi, sono cotte sulla piastra del forno, ma questa è un’altra storia…

Torniamo alle raviore, uno dei piatti iconici della Cucina bianca, un itinerario enogastronomico lungo i sapori della transumanza, là dove «la montagna è ammantata di gente e animali», come ha scritto Francesco Biamonti. Una Strada, quella della Cucina Bianca, che attraversa la civiltà delle malghe delle Alpi Marittime. Fatta di farinacei, latticini e ortaggi di montagna poco colorati come le patate, i porri, l’aglio di Vessalico o le rape, il brusso e la toma, la «Cucina Bianca» si sviluppa tra Liguria e Piemonte (tocca anche Viozene e Ponti di Nava, frazione di Ormea), Italia e Francia (Brigue, Tenda) sui sentieri percorsi dai pastori e propone specialità come l’ajè (con aglio di Vessalico), variante dell’aliolì provenzale, e il flan di scorzonera,  gli «streppa e caccia là», pasta strappata a pezzetti e gettata direttamente nell’acqua bollente durante i lunghi periodi di alpeggio, quando i pastori si sfamavano con quel poco di farina ed erbe spontanee che raccoglievano mentre curavano mandrie e greggi, le turle, ravioli di patate e menta, e la «panissa» di piselli. Un posto dove l’olio veniva utilizzato “cu u truncu”, un rametto di rosmarino, perchè era un prodotto prezioso, raro…Un itinerario di cultura, sapori, tradizioni. che ha come compagno di viaggio lui, sua Maestà l’Ormeasco, un tempo vino che dava calorie, faceva pasto, oggi eccellenza assoluta da abbinare ai piatti della tradizione di malga.

La caduta dell’Impero Romano nel 476 provocò anche in questo territorio l’invasione dei barbari e la successiva dominazione dei Bizantini che inglobarono questa zona tra l’alta valle del torrente Arroscia e il Tanaro nella Provincia Maritima Italorum (VII secolo).

Con le sue antiche case in pietra, i vicoli stretti e le piazze lastricate, Montegrosso Pian Latte è una finestra sulla storia della regione. Camminando tra le sue vie, si possono ammirare i dettagli architettonici delle abitazioni e le piccole cappelle votive, che testimoniano una profonda devozione e un forte legame con il territorio. Non mancano anche storie e leggende locali che aggiungono fascino e mistero alla visita. Grazie alla sua posizione, Montegrosso Pian Latte è un punto di partenza ideale per escursioni in mezzo alla natura. I sentieri che partono dal borgo attraversano boschi di castagni e faggi, offrendo viste panoramiche mozzafiato sulle valli circostanti. Tra le mete più suggestive c’è il Monte Monega, un vero paradiso per gli amanti del trekking e della fotografia, con scorci che abbracciano la Liguria fino alle Alpi Marittime.

Montegrosso Pian Latte è famoso anche per i suoi sapori tradizionali, non solo raviore, ma anche la produzione di formaggi (del resto, nel toponimo, c’è la parola latte… non a caso), miele e castagne, che sono alla base della cucina locale. Ogni anno il borgo celebra la Festa della Castagna, evento che richiama visitatori da tutta la regione per assaporare specialità a base di castagne come il castagnaccio, la torta di castagne e altre prelibatezze.

Montegrosso Pian Latte è anche artigianato antico: si possono scoprire antichi mestieri legati alla lavorazione della lana e del legno, basta poco per innamorarsi e portarsi a casa un pezzo di storia, come un cesto intrecciato a mano o un piccolo oggetto in legno d’ulivo. Già, perchè anche l’ulivo è presente a Montegrosso, forse l’ultimo baluardo della “civiltà dell’ulivo”, il suo “olio di montagna” è sopraffino, anche se nella Cucina Bianca si usa solamente cu “u truncu”…

 

LA PREPARAZIONE DELLE RAVIORE

Il ripieno delle Raviore è costituito da queste erbe, che vanno raccolte a seconda della stagione: Tarassaco, Bietola, Spinacio, Indivia, Boraggine, Ortica, Menta, Erba amara, Erba di San Pietro, Erba maritata, Foglie di rapa, Foglie di primula, Cantagalletti, Erba bianca, Crescione, Ombelico di venere, Spinacio di montagna, Cime dei rovi.

LE FASI DELLA PREPARAZIONE:

  • Lavaggio e asciugatura accurata delle erbe;
  • Tritatura delle erbe;
  • Spremitura manuale delle erbe per eliminare l’eventuale acqua;
  • Aggiunta di uova, sale, ricotta, mollica di pane imbevuta nel latte, pepe, olio dì oliva, formaggio grattugiato;
  • Preparazione dell’impasto con farina, acqua e sale;
  • Stesura della pasta sottile quanto basta;
  • Formazione di rettangoli o cerchi di pasta (di grandi dimensioni) su cui posizionare il ripieno;
  • Formazione della caratteristica barchetta tipica della raviora;
  • Cottura in abbondante acqua salata;
  • Impiattamento delle Raviore con olio extra vergine di oliva e formaggio pecorino e/o grana.

Stefano Pezzini

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