Si dice polpettone ma sarebbe meglio parlare di polpettoni, viste le innumerevoli ricette sparse per la regione. Infatti, si tratta di una delle tante preparazioni che le comunità liguri, nel tempo, hanno modificato secondo le proprie esigenze e necessità.
Il polpettone è una sorta di torta vegetale, a base di ortaggi o verdure, arricchita da uova e formaggio insaporiti dalle immancabili erbe aromatiche. La definizione è volutamente generica per rispetto delle mille varianti espresse dalle consuetudini locali e familiari, ma più spesso si usa dire “polpettone di fagiolini, di zucchini” ecc. Tanto per dare un’idea della versatilità di questa specialità tradizionale, il solo trattato dei frati Minimi di San Francesco da Paola, Cucina di strettissimo magro (1880), uno dei tre ricettari storici dedicati alla cucina ligure ottocentesca, conta ben quindici differenti ricette della medesima preparazione, comprese quelle che prevedono la presenza di pesci e altre creature marine ed escludendo, per evidenti ragioni legate alla regola dell’ordine monastico, le varianti con le carni, citate, invece, nelle coeve Cuciniere genovesi.
Tuttavia, in generale, chiunque parli del polpettone come piatto tradizionale ligure, si riferisce alla versione vegetariana e, quasi sempre, alla più popolare ricetta a base di fagiolini verdi e patate.
Non è semplice indagare la storia antica del polpettone, poiché il solo consultare i vocabolari genovesi dell’Ottocento lascia supporre che il nome della preparazione possa essersi modificato nel tempo, tanto da renderne difficile l’identificazione nei documenti più antichi. Così si susseguono le definizioni, a partire da purpettun fino a scarbassa e scciattamajo per finire a garlascaria, la più singolare e certamente desueta. Per la sua natura ironica, scciattamajo – schiatta marito – è ricordata più di frequente e avrebbe preso spunto dalla ingordigia con la quale i mariti avrebbero gustato questa succulenta specialità, rimpinzandosene fino a “schiattare”.
E se scarbassa è definizione condivisa fra cesta per animali da soma e polpettone, certamente garlascaria rimane l’appellativo più curioso. Si ricava da uno scritto del 1901 dedicato alla Porta Soprana di Genova, in passato chiamata porta di Sant’Andrea, iconico accesso al nucleo storico, situato proprio alle spalle della cosiddetta casa di Colombo. Francesco Podestà, autore dell’articolo, riferendosi a documenti del XVI secolo, racconta dei ricorrenti divieti, rivolti ai venditori ambulanti, per scoraggiarli dallo stazionare con le loro merci nei pressi di uno dei più trafficati ingressi della città. A tale proposito, citando il testo di uno di quei proclami, parla di certe venditrici ambulanti de torte et de garlascaria, termine, quest’ultimo, al quale tenta di attribuire un significato: ignoro cosa sia la garlascaria, però da un atto del primo settembre 1576 nel quale si accenna all’ingombro delle rivenditrici presso la Porta si ha che «ulterius dicte mulieres ibidem faciunt negotium ut vulgariter dicitur de torte et de garlascaria (Arch. Civ. Atti, 1567). Parrebbe quindi cosa cotta e somigliante alle torte stesse; forse la così detta scarbassa che è appunto una specie di torta o polpettone cotto in tegame e composto per lo più di fagioli verdi, o di melanzane o di cipolle e quagliata e pan grattugiato sotto e sopra. [La Porta Soprana e i suoi dintorni, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, volume XXXIII, Genova, 1901] Appare evidente come l’ipotesi del Podestà sia solo tale, ma è interessante il riferimento alle torte che riporta alla definizione ottocentesca di Giovanni Casaccia:
Scarbassa; Polpettone; Spezie di torta composta per lo più di fagiuoli, o melanzane, o cipolle, quagliata (prescinsêua), cacio, olio e pan grattugiato addosso invece di crosta.
Dunque il ripieno di una delle classiche torte di verdura liguri, ma nudo, senza la pasta ad avvolgerlo e con la sola rifinitura di pan grattato. Il polpettone è una pietanza poliedrica. Innanzitutto rientra fra le ricette vegetariane, oggi più che mai ricercate e in passato assai praticate per rispettare i giorni di magro. È ideale come piatto unico, da accompagnare con un’insalata mista, ma può diventare ottima farcitura per un panino, magari unito ad un buon formaggio fresco o a qualche fetta di salume scelto.
In passato, assieme alle torte pasqualine, alle frittate e alle verdure ripiene – tutte specialità da sciamadde, le storiche friggitorie liguri, – era cibo da scampagnate estive.
La sua natura eclettica lo vede comparire nei menù, sia fra gli antipasti, sia fra i secondi piatti, ma può essere un ottimo contorno, per esempio, per una buona bistecca, per un bel roast beef o per una succulenta polpetta di carne macinata, che somiglia molto all’hamburger, ma chiamarla così può generare equivoci…
Un buon polpettone dev’essere delicatamente profumato di erbe aromatiche – le più usuali sono aglio e prezzemolo o maggiorana, – piuttosto sottile (circa un centimetro e mezzo), morbido all’interno ma con una bella crosticina. Per formarla, si sparge abbondante pan grattato sulla superficie del composto, per poi irrorarlo di buon olio extravergine d’oliva. La cottura al forno farà il resto.
Se vuoi preparare un buon polpettone cerca fagiolini teneri – rinomati i cosiddetti gancetti, come pure i pelandronetti, – patate nuove, uova fresche, grana ben stagionato e pan grattato di quello buono. Usa l’erba aromatica che preferisci, ma se hai dubbi prova con aglio e prezzemolo, naturalmente tritati e soffritti. Lessa le patate e i fagiolini, passali al passaverdure, unisci il soffritto, le uova e il grana; regola di sale. Il composto deve risultare morbido e facile da spianare omogeneamente in una teglia già oliata e cosparsa di abbondante pan grattato. È piuttosto usuale tracciare dei quadrati sulla superficie del polpettone mediante i rebbi di una forchetta, per poi procedere con la rifinitura di pan grattato e olio. Il forno va regolato attorno ai 180-200 gradi. Dopo una trentina di minuti dai una controllata, anche se ne serviranno circa 35 o 40 per arrivare alla cottura completa. In ogni caso, deve formarsi una bella crosticina dorata in superficie. Se riesci a resistere aspetta che almeno intiepidisca e, nel frattempo, goditi il profumo.
Le foto del polpettone di Enrica Monzani, www.asmallkitcheningenoa.it









