Cresce ancora il Moscatello di Taggia

Siamo in Valle Armea e, con il suo prolungamento in altitudine, in Valle Argentina attraversata dall’omonimo torrente. Da Arma di Taggia la valle si apre con arroccati il Comune di Castellaro e di fronte Taggia, con le sue tante testimonianze storiche ed artistiche. Ammiriamo i palazzi e il ponte medioevale, le opere artistiche custodite nel convento dei Domenicani. Nel 641 Tabia (l’antico nome della città che si affacciava sul mare) fu rasa al suolo dai Longobardi. Fu allora che gli abitanti si spostarono verso l’interno, su un’altura, dove le possibilità di difesa erano maggiori. Il centro sul mare, un tempo ricco e commerciale, si svuotò definitivamente: tutti gli abitanti si rifugiarono presso il convento benedettino dando impulso alla nuova Taggia.  È la terra dell’oliva taggiasca, così chiamata perché fu portata dai monaci nella città; questa, insieme agli agrumi, diventò vanto e fonte di sostentamento per l’economia della Riviera.

La storia afferma però che ben più remota ed importante fosse la coltivazione della vite. Proprio nella zona di Taggia, nel 1416, si ha la prima menzione del Moscatello, anche se in alcuni documenti del 1259 si parlava di grandi vigneti a Bussana e ad Arma, tra cui la cosiddetta “vigna dei monaci”. Esiste anche un documento datato 979, nel quale il vescovo di Genova Teodolfo concedeva ad alcune famiglie la possibilità di mettere a coltura le terre da tempo abbandonate tra Sanremo e Taggia, prescrivendo l’impianto della vite. Nel 1400 il vino di Taggia veniva esportato nel Nord Europa, in Inghilterra e nelle Fiandre: il carico di vino trasportato era talmente prezioso che nel 1434 venne proibito alle navi che trasportavano moscatello di caricare altro vino lungo la rotta. Il Moscatello, avendo un contenuto zuccherino e una gradazione alcolica maggiori, era più adatto ad essere trasportato per lunghi viaggi (non subiva lo spunto acetico) e quindi più facilmente commercializzabile. Grazie ai mercanti genovesi, giungono a Roma 25 botti di Moscatello che viene celebrato tra i migliori vini d’Italia da Sante Lancerio, “bottigliere” di Papa Paolo III.

Ma nel gennaio del 1709 un’importante gelata distrusse le colture e contestualmente, la notevole e continua richiesta di olio proveniente dalle manifatture del sapone di Marsiglia stimola i contadini a tagliare le viti e a diffondere maggiormente l’olivo, e così la produzione di moscatello si ridusse, diventando una nicchia di mercato quasi esclusiva di re, Papi, dogi e altri nobili. Il vero colpo di grazia venne inferto dal 1889 al 1891 con l’invasione fillosserica, che ne decretò la sua “quasi” totale estinzione.

Quasi perché, con l’attuale tendenza a riscoprire i vitigni autoctoni per proteggere e valorizzare il grande patrimonio vitivinicolo italiano e per contrastare il mercato dei vitigni internazionali, anche in questo lembo di Liguria qualcuno pensò di studiare, cercare e recuperare questo vitigno. Agli inizi del nuovo millennio comincia l’attività di recupero, da un’idea della Comunità Montana Argentina-Armea. Successivamente, un gruppo di produttori appassionati stimolati dal libro l’Ambrosia degli Dei del Prof. Alessandro Carassale, è andato in cerca delle piante superstiti sul territorio. Grazie alla collaborazione con l’Università di Torino ed il CNR di Grugliasco, fu possibile isolare la pianta al fine di moltiplicare la varietà originale. Le nuove piante ottenute dalla ricerca sono state messe a dimora dai produttori associati per riprendere la produzione del celebre nettare.

Proprio da quell’unica vite risorse il moscatello che, innestato, ha dato vita, in questi anni, ad oltre 25.000 barbatelle. Nei prossimi anni assisteremo ancora ad un aumento di produzione, non solo per una resa maggiore delle piante (sempre, comunque, parecchio inferiore allo standard produttivo) ma perché entrano ed entreranno in produzione le barbatelle messe a dimora negli anni scorsi, tenendo conto che si è partiti da un’unica pianta! La superficie ad oggi impiantata è di circa 5 ettari, che produce circa 16.000 bottiglie: un salto esponenziale dalle prime 100 bottiglie del 2012, alle 6000 del 2016 e alle 10.000 del 2017.

Il Moscatello è un “Moscato bianco”, geneticamente simile a quello di Canelli, vitigno a base della spumantistica dolce piemontese (Asti Spumante e Moscato d’Asti) e di grandi vini passiti,  del quale mantiene il caratteristico aroma di muschio e le principali caratteristiche ampelografiche: il grappolo a forma allungata, acini tondi di colore giallo dorato che presentano una caratteristica “piga” all’estremità. È un’uva a maturazione precoce. Le vendemmie iniziano a metà agosto e terminano per metà settembre in base alle diverse altitudini ed esposizioni delle vigne e dalla tipologia di prodotto da realizzare.

Una data significativa è il 2011 anno in cui entra a far parte della DOC Riviera Ligure di Ponente, con l’istituzione della sottozona Taggia. Nel 2014 nasce l’Associazione Produttori Moscatello di Taggia con sede nel convento dei padri cappuccini di Taggia; L’associazione si pone l’obbiettivo di valorizzare il Moscatello di Taggia, farlo conoscere, e divulgare l’importante storia e gli oltre 10 anni di ricerca scientifica che sono stati svolti. Nel 2019 nasce la Rete di Imprese Agricole Terre del Moscatello, una aggregazione di dieci aziende agricole del ponente ligure nata dall’esperienza dell’Associazione con lo scopo di promuovere la vendita dei frutti delle aziende associate, fare un rigido controllo di qualità aderente al disciplinare di produzione anche attraverso una commissione d’assaggio. Risultato è l’apposizione della capsula sulla bottiglia con il logo che è il certificato di garanzia che il vino è passato nella degustazione preventiva di qualità dell’associazione. La sede è nel pieno centro storico di Taggia all’interno del recuperato locale della vecchia “Osteria Germinal” vero centro catalizzatore sia per i produttori che per i consumatori; qui, oltre alla vendita diretta, vengono proposte degustazioni dei prodotti delle Aziende agricole, organizzati eventi promozionali, con l’obiettivo di posizionare il Moscatello di Taggia su livelli di eccellenza. La sede ha una cucina attrezzata e propone serate di abbinamento, rivoluzionando però quello che è un dogma nella ristorazione: qui non si parte dal piatto, ma si degusta un vino e si abbinano ricette prettamente liguri a seconda della versione di vino proposta.

Un’importante iniziativa della rete di impresa è stata quella di abbandonare l’io delle singole aziende e parlare solo di Moscatello, uscendo con etichette della rete e quindi bottiglie che intendono valorizzare il vitigno e il vino in tutti gli eventi promozionali fieristici e degustativi. Ecco quindi presentate le tre versioni di Moscatello di Taggia: secco, vendemmia tardiva, passito tre tipologie con una connotazione comune: la particolare sapidità e la decisa freschezza.

Nella versione secca il vino si presenta con un colore giallo paglierino scarico e cristallino. Al naso è intenso, emergono i classici terpeni del moscato delicato nei profumi, sentori floreali (fiori d’arancio) e fruttati (ben evidente il mandarino). In bocca è secco, con una buona acidità, decisamente sapido, molto persistente con un retrogusto leggermente mandorlato. La vinificazione è svolta “in bianco” con un raffreddamento delle uve per concentrare e estrarre i profumi, pigiatura soffice, fermentazione a temperatura controllata e affinamento in botti di acciaio inox.

La buona acidità regala pulizia in bocca che ben si apprezza in abbinamento a pietanze di pesce, crostacei, molluschi, ma rende il meglio di sé con piatti aventi una buona aromaticità come una pasta alla Bottarga, un brandacujun, salatini all’acciuga; adatto anche taglieri di salumi e formaggi di buona consistenza come un pecorino romano. Imbattibile con la pizza Sardenaira, la focaccia di Recco e con le torte salate liguri.

Molto accattivante la versione vendemmia tardiva, dove le uve sono lasciate sulla pianta oltre la normale maturazione, così da ottenere un prodotto con una discreta gradazione alcolica ed un discreto tenore zuccherino tali da rendere il vino morbido e equilibrato. Si presenta alla vista di un colore giallo paglierino intenso, tendente al dorato; al naso spiccano aromi fruttati (netto il mandarino, poi pesca, frutta tropicale ed erbe aromatiche mediterranee) e una leggera speziatura.In bocca è abboccato e morbido.

Perfetto sui dolci di pasta frolla e sulla pasticceria secca. Sorprendente l’abbinamento con il pesce crudo e i crostacei, con l’aringa affumicata e i formaggi mediamente stagionati. 

Il Moscatello di Taggia Passito visivamente si presenta giallo paglierino tendente all’oro, con una densità quasi oleosa alla rotazione del bicchiere, segno di un corpo decisamente importante. Profumi floreali, fruttati (agrumi), erbacei (note di geranio e salvia). Al palato dolce ma non stucchevole, morbido, con un’ottima acidità che ben compensa il residuo zuccherino importante, estremamente sapido. Persistente e piacevole.

Ottimo sulla stroscia di Pietrabruna, sul pandolce genovese, con i locali canestrelli ma ben si sposa con il foie gras , i formaggi stagionati e gli erborinati. Tutte e tre le versioni hanno un carattere estremamente deciso che rispecchia appieno il territorio, e un’impronta netta di mare che li deve far assurgere almeno al pari grado dei grandi blasonati vini aromatici italiani e non.

Franco Demoro

LA RETE DI IMPRESE DEL MOSCATELLO

  • Tenute MF Srls Agricola (Imperia)
  • Calvini Luca (Sanremo)
  • Giannascoli Anna Maria (Bussana)
  • Rovebella-Fratelli Ribul Ssa (Santo Stefano al Mare)
  • Podere Donzella di Donzella Elena (Castellaro)
  • Lagazio Valentina (Terzorio)
  • Da Parodi Ssa (Castellaro)
  • Ssa Mammoliti (Ceriana)
  • Ferrari Giacomo (Terzorio)
  • Zunino Antonio (Taggia)

Via Cardinal Gastaldi, 15b – 18018 – Taggia IM – Tel. +39.0184.054200 – +39.375.6160727 – info@terredelmoscatello.it – www.terredelmoscatello.it

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