Preboggion: il mix perfetto di erbe liguri

Ingrediente fondamentale della cucina genovese e ligure, il Preboggion è un gustoso bouquet di erbette che regala un caratteristico retrogusto amaro che si sposa alla perfezione con piatti come i celebri pansoti alla salsa di noci. Tanto semplice quanto affascinante, questo mix di erbe spontanee e stagionali ha nell’equilibrio tra i gusti il suo segreto.

Un po’ tutto da raccontare dal punto di vista storico lessicale. Fiorenzo Toso, illustre conoscitore della lingua ligure, scomparso troppo prematuramente, ci avverte, nel suo “Piccolo dizionario etimologico ligure”, mettendo a tacere un po’ di dicerie. “Mistura di verdure, mazzetto d’ortaggi, composto di biete, di cavoli cappucci primaticci (gagge), prezzemolo ed altri commestibili, che usasi comunemente da noi cuocere col riso per minestra” citando il Casaccia (1876). “Fantasie perverse di etimologisti improvvisati” così Toso mette a sedere le derivazioni legate al condottiero fiammingo Goffredo Da Buglione che, secondo la vulgata, sarebbe stato curato ad impacchi della nostra a guisa di cura miracolosa delle ferite riportate in Crociata. E neppure sembra degno di nota il fatto che il condottiero fosse ghiotto, o addirittura inventore del “minestrone genovese”. Il Preboggion trova anche ospitalità in un rigo della celeberrima ode alla cima di Fabrizio De Andrè laddove Faber intona:

Bell’oueggé strapunta de tûttu bun

Prima de battezálu ‘ntou prebuggiun

Cun dui aguggiuîn drítu ‘n punta de pé

Da súrvia ‘n zû fítu ti ‘a punziggé.

Fin qui si vede, chiaramente, che non esiste un obbligo di ricetta per il Preboggion che, non è diffuso solo nel Genovesato e nel suo Levante, ma anche in alcune zone dell’Appennino parmense. Interessante è anche vedere come le antiche cuoche abbiano declinato e descritto il “guazzabuglio” in cucina. Per G.B. Ratto, gli ingredienti principali sono le bietole e le foglie giovani di cavolo cappuccio.  Secondo l’Artusi genovese, abbinato ad altro misto disponibile, ben si accompagna con pasta e riso. Ma è ancora Fiorenzo Toso che ci conduce nei meandri della parola avvertendoci che, molto più banalmente se vogliamo, si tratta di un derivato del verso “scottare, bollire leggermente le verdure”: preboggion, insomma. In altre parti della Liguria, ci rammenta sempre Toso, il termine assume le sembianze di un’insalata mista. Insomma il Preboggion è sempre più un guazzabuglio, una mescolanza a dirla tutta. Siamo nel XVIII secolo e le canzoni anonime del tempo sono aduse a narrare le vicende delle besagnine intente a vendere baxaicò, e insalattinna/armoasse, e ravanetti/cori neigri e prebogion. 

Secondo quanto narrato dalla vulgata il Preboggion avrebbe giocato un ruolo da protagonista in occasione dell’assedio a Genova del 1800. Sui banchetti approntati per dare ristoro alla popolazione affamata, infatti, il variegato erbaggio l’avrebbe fatta da padrone.  Solo di sfuggita occorre ricordare che, sempre secondo le narrazioni, nell’identica circostanza storica, sarebbero state create anche le tomaxelle. Del tomaculum in questione sarebbe stato fatto rancio per i prigionieri austriaci a dimostrazione che Genova non stesse patendo la fame. Guerra psicologica ante litteram. Una bella tradizione lega Genova e il Preboggion intorno alla data del 2 agosto. È il giorno di Sant’Eusebio, storicamente celebrato come giorno dedicato al nostro erbaggio. A dimostrazione che, in questo caso, si parla di storia consolidata, ci vengono in soccorso alcuni reperti di comprovata attendibilità storica. Esiste un documento della Rota Criminale della Serenissima Repubblica di Genova che risale al 1628, citato in P. Giacomone Piana, (La festa pubblica del preboglione, «A COMPAGNA», agosto 2008). In questo documento, nelle cronache della descrizione di un fatto di sangue avvenuto in occasione della “Festa del preboglione” che si sarebbe svolta in città intorno ai primissimi di agosto. “In Genova è antichissima usanza di cuocere nelle strade pubbliche e in la maggior parte della città preboglione…” riporta il documento situando i fatti “il giorno primo di agosto.”

La tradizione agostana dedicata al Preboggion appare radicata a Sestri Ponente. Secondo lo storico Giuseppe Marcenaro, infatti, il giorno di Santo Zoeggio, vescovo martire vercellese, ci si riuniva in piazza a sera condividendo la tavolata.  Nei giorni precedenti la festa, era delegato ai più piccoli, andare in giro a fare raccolta delle erbette secondo un antico rituale scandito dalla frase “Ninte pe un prebuggiun?”. La storica Piazza Dei Micone era il centro della festa e lo è rimasta in occasione di alcune, recenti, rievocazioni.

Le principali erbe che caratterizzano il Preboggion sono la talega, la cicerbita, la pimpinella, il tarassaco e il pisciainletto. Ma ci sono anche altre verdure come le bietole, la borragine, il prezzemolo e il cavolo cappuccio che ne fanno parte.

Questo mix di erbette viene utilizzato in tante ricette della cucina genovese e ligure, come le verdure ripiene, le torte salate e gli accompagnamenti ai legumi. A Portovenere è chiamato “erbetti” ed è utilizzato nelle torte salate. In Val Graveglia, invece, assume la forma di uno sformato di patate e cavoli neri. Oltre ad essere presente in tante ricette tradizionali, il Preboggion può essere utilizzato per preparare, frittate, polpette e molti altri piatti.  Ad esempio, si può arricchire un risotto con il Preboggion, lessando le erbette insieme al riso e aggiungendo poi un cucchiaio di pesto genovese. Inoltre, si può utilizzare nelle torte salate, unendo il Preboggion a formaggi tipici genovesi come la Prescinseua. Un’altra deliziosa preparazione con il Preboggion sono le focaccine, accompagnate da patate e aromatizzate con aglio e filetti di acciuga.  Le verdure strascinate, invece, vengono cucinate insieme al Preboggion, aglio e filetti di acciuga, creando un saporito intingolo di cottura. Infine, non si può non menzionare l’abbinamento perfetto tra Preboggion e pansoti alla salsa di noci. Questa prelibatezza è particolarmente apprezzata nella zona di Rapallo, dove il pansoto ha origini solide. Il Preboggion conferisce al ripieno del pansoto un inconfondibile retrogusto amarognolo, che si sposa alla perfezione con la soave dolcezza della salsa di noci realizzata al mortaio.

Negli ultimi anni il Preboggion è tornato sugli scudi.  Una vera e propria riscoperta messa in campo da chef, in particolare giovani, e food blogger. Insomma, l’antica usanza di andare per anfratti e muretti a secco del nostro entroterra a cercare le mitiche erbette – ma fatelo sotto l’egida di una guida esperta perché a farsi del male con le erbe è un’opzione della quale avere avvertenza – sta ritrovando nuova linfa e nuovi utilizzi.

Marco Benvenuto

ALCUNE ERBE DEL PREBOGGION

Amarago (Urospermum dalechampii): per il suo sapore molto amaro, anche conosciuto con i nomi di lattugaccio, radicchio selvatico e lattaiolo.

Bietola di prato (Beta vulgaris): aggiunge una dolcezza terrosa, appartenente alla stessa famiglia degli spinaci, la bieta selvatica ha un sapore dolce e ferroso, essenda ricca di ferro.

Borragine (Borago officinalis): dal sapore che ricorda quello del cetriolo.

Cicerbita (Sonchus oleraceus): dal sapore tendente al dolciastro, attenua l’amarognolo delle altre erbe spontanee.

Cicoria (Cichorium intybus): dal caratteristico e noto sapore amaro.

Dente di Leone (Leontodon hispidus): sapore amaro, la radice tostata è utilizzata anche come surrogato del caffè.

Grattalingua (Reichardia picroides): pur essendo un’erba amara ha un sapore più gradevole e delicato rispetto ad altre spontanee.

Ortica (Urtica dioica): ha un sapore fresco e aromatico, simile a quello degli spinaci in cottura emana un odore che ricorda vagamente il cetriolo.

Papavero (Papaver rhoeas): dal sapore delicato e leggermente amaro.

Radicchio selvatico (Hyoseris radiata): sapore piacevolemente amaro.

Raperonzolo (Campanula rapunculus): le radici crude hanno un piacevole sapore dolciastro che ricorda le noci, le foglie basali, da consumare cotte come gli asparagi, sono amarognole.

Sanguisorba (Sanguisorba minor): sapore amaro che può ricordare l’anguria.

Silene (Silene vulgaris): sapore dolce e delicato, usato per preparare delle frittate, dei risotti o delle zuppe e si può consumare anche crudo in insalata.

Tarassaco (Taraxacum officinale): sapore amaro ma gradevole, tipo radicchio.

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