Ferrer Manuelli, l’oste di prua

A volte il genius loci gioca e prende in giro i suoi figli. Lo ha fatto con Ferrer Manuelli, romagnolo di campagna, di Forlimpopoli, (anche se nato per caso nel quartiere savonese di Zinola), distante millenni culturali dalla Romagna di Rimini.

Eppure Ferrer amava il mare, quello aperto, profondo, non quello della Costiera. Ma visto che che il genius loci è anche paterno si ricordò che a Forlimpopoli era nato Pellegrino Artusi, il “papà” della cucina italiana codificata e, così, insufflò a Ferrer il dono di saper fare da mangiare. Sempre il genius loci decise che Ferrer di romagnolo avesse proprio poco: burbero, rude, a volte scontroso (forse per una sua grande timidezza), un carattere difficile molto lontano del romagnolo aperto e “sborone”. Con queste caratteristiche ben presto si imbarcò come mozzo per diventare, per la gioia dei colleghi, cuoco di bordo. E Oste di prua si autodefiniva, così come definiva “a vela” la sua cucina, una delle eccellenze della Liguria del dopoguerra. “Sul mare ho patito freddo, caldo, sonno, fame e nostalgia. Sul mare ho buscato botte, ho fatto naufragio e se ci penso bene ho più di un motivo per odiarlo. Eppure non posso stargli lontano più di tre giorni”, ripeteva spesso. Di lui scriveva Luigi Veronelli, suo grande amico che lo volle nelle prime trasmissioni televisive che avevano la cucina come protagonista: “Un occhio al mare e uno alla terra, ha in sé la storia del suo popolo che ama il mare almeno quanto lo teme e lo rispetta e si contende tra le cotture semplici e dirette dei pesci e quelle altrettanto semplici e dirette ma più pazienti delle carni e delle verdure”.

E’ stato tra i primi chef (ma se l’aveste chiamato chef vi avrebbe come minimo insultato, lui si riteneva un oste, al massimo un cuoco) mediatici negli Anni ‘70 grazie alle trasmissioni “Colazione a studio 7” o “A tavola alle 7” (all’epoca nessuno avrebbe scritto 19, gli orologi digitali erano al di là dal venire e dall’imbarbarire il linguaggio) ideati e condotti da Veronelli (che, per altro, più tardi lanciò un altro cuoco ligure, Angelo Paracucchi della Locanda dell’Angelo di Ameglia) con grande seguito di pubblico. Sul muro dei vari ristoranti che Ferrer ha avuto (a Loano, Borghetto Santo Spirito, in un locale messo a disposizione dell’indimenticato Silvio Torre, altro amico enogastronomo, Spotorno e poi qualche escursione in montagna, in Val di fassa e per ultimo ad Assago, in Lombardia) campeggiava una frase di Veronelli: “lascia ti serva lui come gl’ispira”, questo per dire che non c’era un menù scritto, perchè la sua cucina era dettata dal pescato, dal mercato, non dalla bellezza del piatto.

Il suo amore per il mare gli aveva fatto dire di no ad alcune “proposte indecenti” che gli erano arrivate da clienti di altissimo livello. Hemingway gli aveva chiesto di seguirlo negli Stati Uniti, un armatore greco lo voleva come cuoco nel suo ristorante ad Atene, per non parlare delle offerte arrivate per trasferirsi a Roma. Monica Vitti e Michelangelo Antonioni frequentavano i locali di Ferrer, la Vitti definì divina la zuppa di cozze mentre Antonioni la giudicò “il miglior omaggio reso da un artista della cucina alle esigenze dei palati raffinatissimi”.

 

Nonostante la clientela internazionale Ferrer non sempre aveva un buon rapporto con i clienti. Colpa del suo carattere che, se non entrava in sintonia, lo faceva apparire scontroso o addirittura maleducato. Non faceva nulla, insomma, per tenere i clienti che non gli erano simpatici. Anche per questo, probabilmente, nonostante la sua fama, non si è arricchito in un settore che, negli Anni ‘60, ha fatto la fortuna di cuochi molto spesso mediocri.
Giovanni Zontig, milanese, docente in pensione di fisica, fu non solo un cliente ma anche un amico di Ferrer. Il ricordo che scritto sul suo blog è magistrale: “Grande, grosso, rosso, le mani enormi, il camicione a fiori aperto sul petto villoso, il naso adunco, i riccioli sul collo, la voce cavernosa, possente: sarebbe andato bene per un film su Polifemo. Vederlo in azione nella grande cucina del ristorante tra fornelli, vapori, fiamme, fumi, casseruole, teglie e tegami era uno spettacolo, il miglior antipasto possibile. Un giorno, entrando nel ristorante, notammo che una compagnia ci aveva preceduto e si era già sistemata a un lungo tavolo: in posizione centrale riconobbi subito Luigi Veronelli, allora popolarissimo per una serie di trasmissioni televisive, circondato da una corte di dignitari, palafrenieri e famuli. Ricordo che, vedendoci entrare, il sommo Veronelli non girò altrove lo sguardo con altezzosa indifferenza: accennò invece a un lieve inchino, ci salutava. Restai impressionato, mi parve il gesto di un gran signore. La sua sorte, comunque, non poteva quel giorno essere diversa dalla nostra, né sicuramente lui desiderava che lo fosse: non scelse, non chiese, non ordinò. C’era Ferrer ai fornelli, e tanto bastava”.

La sua arte in cucina rimane in un libro, “Pesto e Buridda”, edito da Marco Sabatelli di Savona, scritto assieme a Martini nel 1974. Un successo editoriale che, nel primo anno, ebbe ben tre ristampe e che oggi è tornato in libreria, a 42 anni dalla prima edizione. Cento ricette, di impostazione ligure con qualche influenza spagnola (ricordo di alcune esperienze giovanili catalane) in un libro essenziale, diventato una sorta di libro di testo per le scuole alberghiere quando si parla di cucina ligure.
Un’ultima annotazione: Forlimpopoli ha dedicato una via a Ferrer Manuelli, nonostante vi sia solamente nato. Lanciamo una proposta che potrà essere presa in considerazione da Borghetto Santo Spirito, Loano, Spotorno, Zinola, dove il grande Oste di prua ha vissuto e lavorato: perchè non dedicargli una strada, una piazza, un giardino?

Pesto & Buridda

L’arte di Ferrer in cucina rimane in un libro, “Pesto & Buridda”, edito da Marco Sabatelli di Savona, scritto assieme a Martini nel 1974. Un suc- cesso editoriale che, nel primo anno, ebbe ben tre ristampe e che oggi è tor- nato in libreria, a 42 anni dalla prima edizione.

Cento ricette, di impostazione ligure con qualche influenza spagnola (ricordo di alcune esperienze giovani- li catalane) in un volume essenziale, diventato una sorta di libro di testo per le scuole alberghiere quando si parla di cucina ligure.

Si può acquistare sul sito della Marco Sabatelli Editore: www.sabatelli.it o nelle principali librerie della Liguria

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