La Stroscia di Pietrabruna: una dolce scoperta

Più che un borgo, un sogno, una comunità, come tante altre nell’entroterra ligure, nato attorno ad una chiesa e diventato capoluogo di due frazioni che decidono di unirsi. Pietrabruna è così, con le sue frazioni, Boscomare e Torre Paponi, che si dividono famiglie e storie nella Valle del San Lorenzo, tra Imperia e Taggia, sorte aggrappate alle pendici del Monte Faudo (m. 1149) e della cima secondaria del Monte Follia (m. 1031).

Adagiata tra le cangianti foglie di oliveti secolari, erbe aromatiche e lavanda, ecco Boscomare. All’opposto Torre Paponi, che spazia a ridosso dell’ultimo declivio verdeggiante che scende dolcemente verso le sponde del torrente San Lorenzo, in una invidiabile posizione panoramica. Il borgo capoluogo, Pietrabruna, sorge anch’esso adagiato a mezza costa e merita una visita alla scoperta di un dolce, povero, gustoso, frutto della fantasia delle nostre nonne che, con sapienza, univano quel che c’era: la stroscia, una torta (simile, non eguale, ad una frolla) diventata tradizione e garantita dalle Denominazione Comunale, un marchio per sottolineare che la Stroscia è di Pietrabruna, la Stroscia “è Pietrabruna”. Chi arriva a Pietrabruna può assaggiare la ricetta tradizione al bar-laboratorio La Colombiera, che propone anche una variante al limone locale, o alla trattoria dei Cacciatori, che oltre a produrre la Stroscia (la distribuiscono anche a diversi locali della provincia di Imperia), propone al viandante una buona cucina della tradizione.

Come è nata la Stroscia? La leggenda vuole che durante la festa patronale di San Gregorio Magno, che cadeva quasi sempre in periodo di Quaresima, una donna si fosse ingegnata a realizzare un dolce senza utilizzare l’uovo, unendo i prodotti a disposizionie: farina, zucchero, lievito madre (quello del pane che si rinfrescava nelle madie, non c’erano ne frighi ne stufe elettriche), olio, vermut o marsala, liquori antichi, corroboranti e profumati. L’impasto, dopo la lievitazione, è soffice, con tante bollicine. Viene messo nei forni a legna e lasciato cuocere sino a diventare quasi un biscotto. Ma un biscotto strano, friabile, conservabile per giorni. Si spezza (si “stroscia”, in dialetto) con le mani e si distribuisce a pezzetti (pochi, con parsimonia come è nello spirito dei liguri) ai bambini, golosi e contenti. Oggi la Stroscia di Pietrabruna è servita nei migliori ristoranti della Riviera, accompagnata dai passiti liguri, ma anche da un floreale e profumato Pigato doc.

Ma c’è un altro prodotto che lega Torre Paponi e Boscomare, ma anche gli altri borghi della Valle del san Lorenzo, area forse trascurata ma di grande interesse archeologico (da visitare il Museo Archeologico ed Etnografico “Giuseppina Guasco” di Pietrabruna, dove la preistoria si fonde con la storia recente di questo antico borgo montano): la lavanda. Sino a qualche decennio fa la fioritura della lavanda nella Valle del San Lorenzo era uno spettacolo unico e antico, che si concludeva, agli inizi di settembre, con le spighe tagliate e racchiuse in ruvide tele (i “cùri”), portate a dorso di mula sui sentieri stretti e pietrosi che portavano ai borghi e agli antichi alambicchi di rame con cui si estraevano gli oli essenziali da vendere ai laboratori di profumeria o agli speziali. L’essenza di lavanda, infatti, serve per i profumi, certo, ma anche per il trattamento dell’insonnia, della tachicardia, dei problemi respiratori. Oggi, dopo anni di oblio, la lavanda sta tornando sulle alture di Pietrabruna e, gli antichi alambicchi di rame tornano a funzionare.

Da vedere:

  • Chiesa romanica di San Gregorio Magno (sec XII)
  • Museo Archeologico ed Etnografico Giuseppina Guasco
  • Museo della Giara in borgata Torre Paponi (privato, per visite chiamare 3356965910)

Escursioni:

  • Ai vicini Monte Follia e Monte Faudo

Articolo di Stefano Pezzini

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