Dante, la Liguria, la Cucina

“Grosse lamprede, o ver di gran salmoni aporti, o lucci, sanza far sentore. La buona anguilla non è già peggiore; alose o tinche o buoni storioni. Torte battute o tartere o fiadoni: queste son cose da âquistar mi’amore, o s’è mi manda ancor grossi carretti, o gran cappon’ di muda be nordici o paperi novelli o coniglietti…” 

2021, ricorrono 700 anni dalla morte di Dante (14 settembre), non occorre neppur specificare Alighieri. 

Sergio Mattarella ha aperto le celebrazioni a Ravenna, al mausoleo, e anche Liguria Food non si sottrae alla “chiamata”. Tanto più che se i luoghi cosiddetti danteschi in Italia sono numerosi, irradiando un’eco ora autentica ora leggendaria, anche la Liguria evoca in vario modo la figura e l’opera di Dante, da levante a ponente. Molti geostorici se ne sono occupati, sebbene non esistano che ipotesi di vari suoi soggiorni.

Lerici sta in Purgatorio III, vv. 49-51, le coste liguri quasi in verticale sul mare configura(va)no un ambiente ostico, che per un devoto può – oggi come ieri? – suggerire afflati di penitenza… “Tra Lerici e Turbia, la più diserta/ la più romita via è una scala/ verso di quella agevole ed aperta”. Ad un passo da Ventimiglia, i versi alluderebbero alla via Iulia Augusta, l’autostrada del tempo dal Trebbia verso il Rodano (ma molti preferivano costeggiare), presuntivamente traversata nell’estate 1302 per giungere all’Università della Sorbona a Parigi*.

Luni è in Paradiso XX, 73, città ormai morta a causa d’alluvioni malariche, dell’interramento del porto, delle dispute feudali, tanto che il vescovato nel 1204 si era spostato in Sarzana.

Durante i tormentosi suoi viavai, Dante nel Sarzanese comparve tra il 6 e il 10 ottobre 1306 per definire finalmente una pace fra i Malaspina (dello Spino Secco) e il Vescovo-Conte di Luni, un protetto dei Fieschi di Lavagna. E in Piazza della Calcandola, ora Matteotti (pieno downtown), fu formalmente eletto procuratore dei Malaspina. Successivamente, dopo una Messa, partì per Castelnuovo Magra, onde incontrare il Vescovo-Conte**. Si dice che Dante, in fuga da Firenze, iniziasse la Commedia nel 1306 ospite di Moroello Malaspina nell’imponente splendida fortezza di Fosdinovo, da una cameretta donde scorgeva i dirupi apuani. La Val di Magra ricorre sia in Inferno XXIV (nella malabolgia che supplizia il ladro Vanni Fucci), coi musicali ma inquietanti versi 144-147: “Tragge Marte vapor di Val Di Magra/ ch’è di torbidi nuvoli involuto/e con tempesta impetuosa e agra”, sia in Purgatorio VIII, versi 115-117, allorché Corrado Malaspina invoca notizie dai propri territori: “Cominciò ella/di Val di Magra o di parte vicina/sai, dillo a me, che già grande là era…”, sia in Purgatorio XIX, con l’elogio di Alagia Fieschi (moglie di Moroello), d’indole prodiga: “Nepote ho io di là c’ha nome Alagia, buona da sè, pur che la nostra casa non faccia lei per essempio malvagia; e questa sola di là m’è rimasa”…

La val Fontanabuona appare in Purgatorio XIX, proprio per voce dell’ombra di Papa Adriano V, un Fieschi (Ottobono): “Intra Siestri e Chiaveri s’adima una fiumana bella, e del suo nome lo titol del mio sangue fa sua cima”. I resti dell’antica “Siestri”, assente nella geografia del Giustiniani (1530), secondo l’Accademia della Crusca ormai collimano indicativamente con Neirone. In loco nessuna traccia di Dante, ma si sospetta (si sospetta) che vi sia passato nel 1311 in viaggio verso Milano e Arrigo VII, dopo una missione in Lunigiana per i Malaspina. Il percorso doveva dalla costa ascendere sino al possedimento fliscano di Roccatagliata, via Siestri. E intitolazioni a Dante, se ben ricordo, si trovano anche a Chiavari. Ivi sfocia l’Entella, che nasce formato (“la fiumana bella”…) dal Lavagna, lo Sturla, il Graveglia. Nella terza zona del nono e ultimo cerchio d’inferno, quella Tolomea dove i traditori degli ospiti gelano confitti nel ghiaccio, Dante ai vv. 134-147 incappa in Branca Doria, della celebre schiatta (“ghibellina” e nemica dei Fieschi), il quale aveva disposto l’uccisione del suocero, Michele Zanche, convocandolo a pranzo per poi smembrarlo. Branca era peraltro…ancora vivo, ma nondimeno bruciava già tra i rei. Ben nota è l’acredine di Dante verso Genova, i cui abitanti paiono nel canto XXXIII “uomini diversi/D’ogni costume e pien d’ogni magagna/Perché non siete voi del mondo spersi?”

Noli, florida repubblica marinara di simpatie guelfe, rada incastonata fra promontori, vide Dante verosimilmente nel 1306, esule in cammino verso la Francia, ed è citata in Purgatorio IV, vv. 25-27: “Vassi in Sanleo e discendesi in Noli/montasi su Bismantova e ‘n Cacume/con esso i piè; ma qui convien ch’om voli”. S’intuisce una discesa accidentata, i pendii di Capo Noli da ponente. Oggi un ameno anello, segnalato, consente – via bric dei Corvi e Voze – trekking più agevoli, e recenti pubblicazioni (editore Sabatelli) illuminano nuove prospettive.

San Giorgio, a Campochiesa d’Albenga (in via Don Pelle, cimitero frazionale) ospita, dipinto nell’abside maggiore, un Giudizio Universale del 1446 realmente espressivo. Difatti nella bolgia, dinanzi al famoso conte Ugolino che rode il cranio dell’arcivescovo Ruggieri, notiamo proprio Dante con la guida Virgilio. Evidentemente, il suo bestseller già influenzava l’arte sacra…

Anche a Triora, antico, montano grumo di case, fornai e…streghe, i segni più visibili affiorano in una splendida chiesina del ‘400 ad imbocco paese, San Bernardino di Siena, all’interno gli impressionanti – ma protrettici – affreschi di un Giudizio Universale (non v’è concordia circa le attribuzioni***) palesemente s’ispirano infatti alla Commedia, e recuperano una Gerusalemme celeste, un limbo, un inferno crudele verso i peccatori, traditori, eretici…

Sin qui l’erudito, il cosmografo, il poeta cristiano e l’uomo medievale, ed il suo capolavoro. Ma per quanto attiene al Dante persona/“consumatore”, malgrado il suo tempo si punteggi dei primi ricettari di una qualche consistenza a noi noti (il Liber de coquina angioino ad es. daterebbe 1285-1304), poco o nulla sappiamo. Boccaccio, che non lo conobbe ma l’ammirò, scrive di Dante in un trattatello: “Nel cibo e nel poto fu modestissimo, sì in prenderlo all’ore ordinate e sì in non trapassare il segno della necessità… né alcuna curiosità ebbe mai più in uno che in uno altro: li dilicati lodava e il più si pasceva di grossi, oltre modo biasimando coloro, li quali gran parte del loro studio pongono e in avere le cose elette e quelle fare con somma diligenza apparare, affermando questi cotali non mangiare per vivere, ma più tosto vivere per mangiare”. Forse dunque non a caso i golosi sono duramente castigati da una costante pioggia nera, maleolente. Ma in Inferno, I, la lupa stessa, simbolo di cupidigia (l’avaritia di Sallustio), implica condanna morale verso ogni “fame” di superfluo. E qui vanno ribadite le differenze sociali, la forzata sobrietà delle campagne laboriose (dove si desinava al mattino e si cenava al tramonto) contrapposta ai ceti abbienti, al potere, i deschi finemente imbanditi, le merende, i giullari di corte. E i dottori della Chiesa stigmatizzavano le casistiche di quel peccare, cui si cede “mangiando fuori tempo, molto frequentemente, ricercando cibi prelibati, con soverchia avidità, esagerando nei condimenti”.

Altrove, per i barattieri uncinati nella pece bollente Dante ricorre alla metafora della carne tuffata nel calderone così che non galleggi. I violenti “bollono” nel fiume di sangue. I diavoli paiono talvolta efferati chef di un’attrezzata brigata al lavoro. Nel Purgatorio si nominano anguille di Bolsena e vernaccia a proposito d’un Papa ingordo (Martino IV)… 

Ma poi nel Paradiso (dove lo pane altrui sa di sale e…d’esilio) le schiere celesti vivono grazie al “pan degli angeli”, la conoscenza teologica. E Dante, per finire su note ancora liete, compose anche il Convivio (1304-1307), ove sviluppò l’immagine del ricco banchetto come mensa simbolica di sapienza, tema ereditato dal platonismo, e biblico.  Cibo, finalmente sapienza.

Umberto Curti

Note

* suggerisco anzitutto M.Manuguerra, Sul viaggio di Dante a Parigi, disponibile online

** M.Santagata, Dante. Il romanzo della sua vita, ed. Mondadori, 2012, pp. 192-3

*** I.Manfredini, Gli affreschi di San Bernardino a Triora, ed. Pro Triora, 2006

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