Amari e vini aromatizzati sotto il sole della Liguria

Ad inizio e fine pasto si è soliti far uso di questi due termini, spesso confusi o addirittura accomunati per scarsa conoscenza. Ma tra vini aromatizzati e amari esiste un trait d’union molto caratterizzante che è dato dalla presenza di erbe officinali, radici e talvolta frutta.

E’ però la base di partenza a distinguere nettamente i due prodotti: il termine “amaro” si riferisce ad una bevanda ottenuta mediante infusione nell’alcool di erbe dal sapore amarognolo, mentre si definiscono vini aromatizzati quei vini speciali ricavati da un vino base a cui sono aggiunti alcol, zucchero e sostanze aromatiche capaci di donare profumi caratterizzanti.

Gli amari sono conosciuti già nell’antichità, quando si utilizzavano preparati a base di alcool e radici per ottenere infusi medicamentosi: furono i frati, profondi conoscitori delle proprietà fitoterapiche, a preparare infusioni di radici e piante in alcool. Gli amari nascono quindi come medicinali, come stimolanti in caso di inappetenza o come digestivi. Le piante officinali vengono pestate e messe in infusione in una soluzione alcoolica o idroalcolica. Il liquido viene poi filtrato e corretto con acqua e zucchero a seconda del grado alcolico, del gusto e del grado zuccherino. Tradizionalmente le piante officinali più utilizzate sono quelle dalle riconosciute proprietà digestive; come la china, la genziana o la corteccia di angostura. L’aggiunta di agrumi e cortecce ne esalta la piacevolezza al palato.

Ogni regione ha i propri amari, talvolta legati ad ingredienti locali. L’Italia, con il suo altissimo indice di biodiversità, risulta avvantaggiata nella produzione di amari e liquori, grazie a un numero elevato di erbe e piante aromatiche, così come di ottimi agrumi.

I vini aromatizzati nascono dall’idea di aggiungere al vino alcuni aromi per modificarne il profilo organolettico, sia a livello olfattivo che gustativo. I vini aromatizzati risalgono all’epoca dei Greci e dei Romani, che erano soliti aggiungere spezie, miele e acqua di mare nelle anfore di vino allo scopo di conferirgli un sapore particolare.

La produzione del vino aromatizzato consiste, oggi, nel fare rifermentare un vino base aggiungendo zuccheri e piante, radici o erbe aromatiche di diversa tipologia, a seconda del prodotto che si vuole ottenere. A questa fase viene fatta seguire l’aggiunta di alcool purissimo, che con gli zuccheri riesce ad estrarre l’essenza degli aromi e a disperderla completamente nel vino. Il processo dura almeno 15 giorni e si otterrà un vino dal sapore intenso e gradazione alcolica superiore ai 16°.  I vini aromatizzati più famosi sono il Vermouth, il Barolo chinato e il Retsina greco.

Ma siamo ancora lontani dal vero vermouth che conosciamo oggi. Dobbiamo arrivare al 1786 e spostarci in Piemonte, a Torino, per vedere nascere il primo vermouth grazie allo studioso di erboristeria Benedetto Carpano, il quale, assaggiando il Moscato, già molto aromatico, capì che poteva essere un’ottima base per un vino più robusto e ricco di sapori. Aggiunse erbe aromatiche (Artemisia) e spezie, e inventò l’aperitivo che ha cambiato la storia del vino. La bottega di Carpano si trovava nel centro di Torino a pochi passi dal Palazzo Reale: Carpano ne omaggiò re Vittorio Amedeo III che lo apprezzò al punto da introdurlo tra le abitudini di consumo della famiglia reale, aumentandone ancora di più la fama. Gli estimatori del Vermouth furono tanti e anche noti come Cavour, Giuseppe Verdi e Massimo D’Azeglio. Ciò contribuì a rendere questo vino un prodotto regale e aristocratico, una sorta di status symbol. Come detto l’erborista piemontese si è rifatto alla tradizione greca e latina, ma anche in Germania intorno al 1600 si preparava un vino lasciato in infusione con erbe e assenzio, in tedesco chiamato appunto Wermouth.

Il vermouth è un prodotto composto almeno da 75% di vino, fortificato e aromatizzato con un’infusione alcolica contraddistinta da erbe e droghe, tra le quali deve essere presente necessariamente l’Artemisia.

L’assenzio è una pianta presente in tutte le regioni d’Italia, cresce in ambienti aridi, sul limitare delle strade, sui muri, dal livello del mare a 1400 m circa. Il nome, già in uso presso i Greci potrebbe riferirsi alla dea Artemide o alla regina Artemisia, e significa ‘privo di dolcezza’ e indica il suo sapore amaro. Altro fiore all’occhiello della tradizione italiana è Il Barolo chinato: nasce verso la fine dell’800 come rimedio per i malanni invernali. La tradizione vuole che l’idea di adoperare un vino nobile come il Barolo a scopi terapeutici sia pensata dal dottor Giuseppe Cappellano, un farmacista di Alba. Giulio Cocchi nel 1891, iniziò una propria produzione e commercializzazione codificando la ricetta e dando il nome attuale.

La ricetta oggi come allora prevede di aromatizzare il Barolo con triti di spezie poste in infusione alcolica e stabilizzate per alcuni mesi: un vino aromatizzato prodotto per aggiunta al Barolo DOCG di zucchero ed alcol etilico, nel quale precedentemente sono state poste in lenta macerazione a temperatura ambiente diverse spezie, tra cui domina la corteccia di China calisaia, accompagnata da radice di rabarbaro e genziana, semi di cardamomo, per estrarne le componenti aromatiche.  Dopo l’aromatizzazione eseguita in questo modo, segue un affinamento in botte di circa un anno.

Molte delle erbe utilizzate per la produzione degli amari, dei vermouth e degli altri vini aromatizzati si trovano anche in Liguria, a ridosso del mare e sul limitare delle zone alpine.

Ed è proprio grazie alle erbe aromatiche mediterranee che sono sorte, in tutto il territorio regionale, aziende produttrici di queste bevande, spesso legate al mondo enologico.

L’ASSAGGIO DEGLI 8 AMARI

Ecco, quindi, l’Amaro dei Saraceni inventato nei primi del ‘900 dal liquorista Pasquale Balzola il quale nella sua distilleria ad Alassio, utilizzò più di quaranta erbe aromatiche provenienti principalmente dalla nostra riviera. Si ottiene per infusione idroalcolica: le erbe, le cortecce, le bacche sono messe in infusione per almeno 40 giorni in una mistura di acqua e alcool, rigirando ogni giorno il composto per aumentare la capacità estrattiva. L’amaro dei Saraceni ha un sapore morbido e una nota alcolica importante. Tra le erbe spiccano la menta, il timo, la salvia, la melissa, l’achillea, la lavanda, la camomilla e la genzianella. Bellissima l’etichetta dove è raffigurato un corsaro saraceno, ricordando il periodo durante il quale avvenivano gli attacchi dei pirati saraceni.  (www.balzola1902.com)

Da Genova ecco l’Amaro Camatti, ottenuto dall’infusione di fiori, erbe, radici aromatiche come china e genziana che gli conferiscono le caratteristiche note amare e mentolate che rinfrescano la bocca alla fine del sorso. Ha una gradazione misurata con un gradevole sapore amaro e una buona dolcezza in contrapposizione.  Significativa una delle diciture sull’etichetta: “è utile nei viaggi di mare, indispensabile agli sportivi, che rianima, che rincuora, dando inoltre un senso di piacevole sollievo”. Perfetto a fine pasto, consumato a temperatura ambiente oppure caldo con una scorza di agrumi. E senza dubbio una delle icone della genovesità. (www.amarocamatti.it)

Base del liquore Spaccasassi è l’erba di San Pietro (crithmum maritimum) o spaccasassi per la sua capacità di vivere lungo le scogliere sassose crescendo nelle fenditure delle rocce. In passato veniva usata nelle minestre, salse e ripieni a cui conferisce un sapore simile a quello della menta ma leggermente amaricante, per produrre infusi e vini medicinali grazie alle sue proprietà digestive e depurative. Era utilizzata dai marinai, di cui San Pietro è il protettore, per la sua efficacia contro lo scorbuto. In Liguria, per quasi un secolo dimenticata, viene nuovamente valorizzata da Daniele Ziliani e Stefania Alberti che ne recuperano l’utilizzo nelle ricette del loro Ristorante La Sosta a Laigueglia e successivamente utilizzandola quale unico ingrediente (oltre ad alcool, zucchero ed acqua) per produrre questo liquore di grado alcolico moderato, morbido e delicato, dalle note aromatiche e tipicamente marine. Un piacevole fine pasto liscio o on the rocks, in una fresca versione che ne esalta i profumi. (www.lasostalaigueglia.it)

Ca’ Lunae di Bosoni, oltre ad essere punto di riferimento dell’enologia ligure, da alcuni anni produce i liquori Essentiae, in cui spezie, frutta e materie prime vengono lavorate con metodi naturali e antiche ricette della tradizione ligure e mediterranea. La liquoreria si trova all’interno della sede a Castelnuovo Magra e attraverso la grande vetrata che si affaccia sulla piazzetta si possono cogliere e scoprire gli antichi metodi di produzione. Sotto la guida di Diego Bosoni e dall’esperienza di Fiorella Stoppa, anima del laboratorio, vengono prodotti liquori seguendo antiche ricette della tradizione ligure e mediterranea, mantenendo vivi gesti e sapori unici. Sorprendente è il Persichetto, ottenuto attraverso la macerazione delle foglie di pesco in vino con l’aggiunta di zucchero ed alcol. Liquore elegante, morbido ed equilibrato, caratterizzato in particolar modo dal ricordo di mandorla, da sorseggiare nei dopocena per ritrovare sapori antichi tipicamente liguri (www.calunae.com).

Grande impresa di Andrea Falzone, Enrica e Andrea Vacca è stata quella di assemblare tre sapori tipici liguri come il basilico, la salvia e il chinotto, fatti macerare per 30 giorni, in acqua della Fonte Bauda di Calizzano, per dar vita al BASANOTTO, un liquore fresco e aromatico: i sentori agrumati del Chinotto di Savona si integrano perfettamente con le note erbacee della salvia e del basilico e la freschezza della menta. Profumato e vellutato, da gustare liscio o con ghiaccio o come base per numerosi cocktails, dagli aperitivi o dai dissetanti after dinner. Un successo commerciale senza precedenti, sicuramente anche derivato dall’originalità del nome, dalla divertente campagna video con il cabarettista Andrea Di Marco ma soprattutto dall’intuizione di creare un nuovo prodotto ligure al 100% che va incontro alle richieste del mercato. E per gennaio 2022 è annunciata un’altra grande novità! (www.basanotto.it)

Con il moscatello di Taggia, vitigno aromatico adattato alle condizioni pedoclimatiche di questo lembo di Liguria di Ponente, Eros Mammoliti, colui che ha dato impulso alla riscoperta, ha creato il Vermut Bianco con una triplice infusione: le radici e cortecce in alcol, le erbe nel Moscatello e una terza per le materie delicate. Gli ingredienti sono in primis l’assenzio, poi una serie di erbe alpine (achillea e genziana) accompagnate da fiori e agrumi come il chinotto di Savona. Ne deriva un vermut perfetto come base per cocktail, come aperitivo liscio ma anche come fine pasto, lasciando la bocca piacevolmente invasa da erbe e una delicata dolcezza Il Vermut Bianco Mammoliti a base di Moscatello di Taggia ha ricevuto l’Ampolla d’Oro, prestigioso premio e massimo riconoscimento della guida Spirito Autoctono, progetto di Vinibuoni d’Italia e Be Spirits. Presentato da queste parole:”… un segno distintivo che premia la totale aderenza al territorio, l’equilibrio gustativo fatto di sapori e profumi autentici e l’attenzione all’etica profonda all’ecosostenibilità della produzione”. (www.mammoliti.wine)

Un vino da meditazione è sicuramente l’Ormeasco Chinato della Tenuta Maffone, dove l’Ormeasco Superiore si sposa con erbe officinali e la radice della china calissaia. Un Bouquet complesso dove, con grande equilibrio, troviamo la cannella, la genziana, il garofano e la china, un insieme di spezie esotiche con rare proprietà digestive.  La sua imponenza è sorprendente in abbinamento con il cioccolato amaro. Vino fine e complesso e ben bilanciato tra le componenti morbide date dall’alcol e dallo zucchero, con le componenti più dure date dai tannini che questo vino possiede e l’amaro inconfondibile della genziana e della china. Da degustare accanto ad un camino acceso ed un buon libro. (www.tenutamaffone.it)

Altro vino aromatizzato è il Corochinato nome che deriva dalla crasi del vino Coronata prodotto nel genovesato e dalla china usata in infusione. È un tipico Vermouth nato nel 1886, dove spiccano le note di ben due tipi di assenzio, la genziana, il timo, l’origano, ed altre numerose erbe e spezie. Anche questo vino può essere consumato come aperitivo e digestivo: ha un sapore secco e asciutto, meno dolce di un vermouth, con una marcata nota amaricata che lo rende perfetto anche da servire come vino digestivo. Si può bere fresco con una fettina di limone ma può essere da base a numerosi cocktails, come uno spritz tipicamente ligure: Asinello Corochinato, Spumante ligure, soda e top di Basilichito con  qualche goccia di limone spremuto fresco. (www.corochinato.it)

Franco Demoro

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