L’Oliva Taggiasca verso l’IGP

Si è conclusa la fase più difficile, ossia l’analisi nazionale del fascicolo di domanda presentata a marzo 2022 dall’Associazione tra i produttori di Olive taggiasche liguri. Ora si passa al consueto esame degli uffici competenti della Commissione Europea. L’obiettivo è quello di distinguere la produzione di olive in salamoia proprie della nostra regione e in particolar modo del Ponente ligure, rispetto a quante siano prodotte da piante messe a dimora in questi ultimi anni in altre regioni italiane e non.

La Taggiasca, è, di fatto, cultivar ligure, considerando il suo stesso appellativo: “propria di Taggia”, grande centro storico a vocazione agricola della bassa valle Argentina. Una presenza storica a cui si deve, nei secoli, la moltiplicazione dei terrazzamenti e, dunque, la più coerente e sostenibile gestione del territorio anche a livello idrogeologico. In primo luogo il risultato è quello di premiare la filiera olivicola ligure e soprattutto proprio il primo e principale tassello, gli olivicoltori. Si tratta di persone che conoscono terra, piante, frutto e impiego e che sono il primo baluardo per la gestione e protezione del territorio. Quel territorio a cui è intimamente legata la nuova indicazione geografica.

Il raggiungimento del risultato è frutto di un lavoro complesso, che ha coinvolto ovviamente la Regione Liguria, soprattutto con il suo Assessore e Vicepresidente Alessandro Piana e quindi l’impegno dello stesso Ministero, delle Amministrazioni locali, dell’Associazione tra i produttori di Olive Taggiasche Liguri, delle Associazioni professionali e di categoria della filiera produttiva, artigianale e industriale e gli agricoltori e operatori economici coinvolti.

La viva speranza è che questo passo sia foriero di un incentivo alla coltivazione, alla presenza in oliveto, al recupero di quelli abbandonati o negletti, ampliando così una produzione che vuol dire qualità e riconoscibilità internazionale. In più, si tratta di una condizione determinante per la definizione di un paesaggio sempre più apprezzato dal turista che visita la Liguria come un viaggiatore, un ospite.

Appare evidente la viva soddisfazione del Presidente Toti, del Vicepresidente ed Assessore all’Agricoltura ed al Marketing territoriale Alessandro Piana, di Carlo Siffredi Presidente dell’Associazione che ha portato avanti l’istanza. Il disciplinare è imperniato su vari contenuti.

Innanzitutto, sul fatto che Olive taggiasche liguri IGP designano le olive da mensa (olive in salamoia, olive denocciolate asciutte, olive denocciolate in salamoia, olive denocciolate in olio extravergine di oliva) e la pasta di olive ottenute dalle olive di varietà “Taggiasca” prodotte, trasformate e confezionate in Liguria. Colpisce il racconto della combinazione di fattori naturali, storici e umani che si materializza nella dimensione territoriale ligure. Si parla di ambiente, di acclimatazione e di selezione operata dal fattore umano. Il percorso inizia almeno duemila anni fa, con elementi paleobotanici, traguarda il Medioevo per selezione e propagazione, si definisce poco più di 200 anni fa con Giorgio Gallesio e l’abate Gianmaria Picconi.

Loro parlano ormai di Taggiasca, dando alla piccola oliva ligure una dignità nazionale. Nel 1854 Tommaso Marsucco ne illustra la coltivazione e la trasformazione in olio come la conservazione in salamoia. Nel Novecento, Carlo Carocci Buzi, attivo presso il Regio Oleificio Sperimentale di Imperia, proporrà la Taggiasca in salamoia come categoria merceologica definita. Negli anni Ottanta del Novecento la Taggiasca si diffonde sui mercati, diventando una delle più conosciute specialità mediterranee, tra l’altro frutto di fermentazione.

La produzione può essere effettuata in tutta la Liguria. La normativa è stata costruita sull’esperienza di più figure professionali, tra le quali si cita Roberto De Andreis, membro del Consiglio Oleicolo Internazionale. C’è infatti una modalità tecnica per l’assaggio dell’oliva in salamoia, in grado di considerare anche l’aspetto cinestetico ovvero le sensazioni alla masticazione.

La preparazione comprende solo le olive, l’acqua e il sale. L’oliva dev’essere almeno di 10 mm., di un bel colore che dal verde cangia fino al testa di moro o al nero, non troppo amara, lievemente acida, ma soprattutto dotata di una tipica proprietà, lo “spiccagnolo”. Un valore 8 su di una scala di 10 punti ci fa capire che la polpa si staccherà facilmente, molto facilmente dal nocciolo.

Nelle Olive taggiasche liguri IGP c’è tutto questo e molto altro, c’è una cultura, una identità, un comune sentire. Per questo è importante e per questo va compresa come assoluta eccellenza territoriale, basata non su iniziative privatistiche legate a singoli marchi ma sul valore delle DOP e IGP intesi come “beni pubblici”, ossia beni collettivi territoriali aperti a tutte le aziende che rispettano il disciplinare di produzione ed il relativo piano di controllo.

Alessandro Giacobbe

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