Caccia all’asparago selvatico

Piacevano ai filosofi, quelli greci e romani, e ai tempi di Plinio, Roma Antica, l’asparagina era considerata una leccornia! 

Del resto l’asparago selvatico, Asparagus acutifolius per i botanici, è conosciuto sin dall’antichità, visto che è una pianta endemica del bacino del Mediterraneo. Da lei nascono, per ibridazione, gli asparagi addomesticati, quello violetto di Albenga, quello bianco del Polesine e via dicendo, ma noi oggi parliamo proprio del “selvatico”, del rustico asparago che in primavera si raccoglie nell’entroterra ligure, ovunque, da Levante a Ponente, soprattutto nelle zone dove il “fuoco” (gli incendi, flagello delle nostre colline) ha attraversato la macchia mediterranea. Eppure un tempo l’asparago selvatico prosperava nelle zone acquitrinose, dove riusciva ad assorbire i nutrienti migliori. Gli asparagi selvatici, a differenza dei loro nipoti ibridati, sono più sottili e hanno spine alla base dell’apparato fogliare. Proprio questo, a volte, li confonde con il “pungitopo”, l’alberello spinoso che si usa per le decorazioni natalizie! Si raccolgono, nei boschi e nelle radure, da fine marzo a giugno, hanno un sapore più amarognolo rispetto agli asparagi coltivati, ma è proprio questa la loro caratteristica bontà! Dal punto di vista organolettico sono potenti vitaminici, controindicati solo a chi ha problemi di gotta o diuresi. Gli si attribuiscono anche proprietà antitumorali. Chi va alla ricerca di asparagi selvatici, e li trova, non deve strappare tutta la pianta, basta tagliare la parte superiore, dando al turione la possibilità di crescere. Volendo, ma non è consigliato, si può prelevare l’intera pianta dal terreno, una diceria popolare dice che, così facendo, nasceranno dieci nuove piante, ma che sia realmente così non è provato, quindi…

Come si mangiano? Le ricette, in Liguria, sono tante, le principali parlano della frittata, utilizzando solo le punte, e il risotto, preparato come con i parenti “addomesticati”.  Nell’entroterra vengono utilizzati anche sulla farinata di ceci, ma non mancano le famiglie che li usano, in pastella, per gustose frittelle. Difficilmente, a differenza dei pronipoti coltivati, vengono bolliti, piuttosto grigliati e utilizzati nelle insalate primaverili. L’abbinamento enologico, ovviamente, non può mancare, e sicuramente vengono abbinati a bianchi liguri, Pigato per risotto e frittate, Vermentino per insalate e frittelle (ma anche un Ormeasco Sciac-e-trà non stona…).

Stefano Pezzini

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