A Noli la stella di Giuse Ricchebuono si incrocia con quella di João Rodrigues al Vescovado

La prima emozione arriva già in ascensore, un’antica cremagliera in vetro, non appena sposti lo sguardo a destra: il Golfo di Noli (un tempo specchio del potere della Repubblica Marinara, oggi scrigno che nasconde i cicciarelli, piccoli e saporiti pescetti, Presidio Slow Food nell’ambito della Pesca Tradizionale) pensi di poterlo tenerlo in mano allungando il braccio. Pensi che nel medioevo la chiesa, che aveva fatto costruire il palazzo per ospitare la curia della diocesi di Noli e Savona, aveva ben presente quali fossero i simboli del potere. Benvenuti al Vescovado di Noli, oggi albergo (famiglia Ravera) e ristorante stellato (sotto la guida di chef Giuse Ricchebuono), che per una sera si sono aperti ad una contaminazione “tradizionale”, quella tra Liguria e Portogallo. Stiamo per raccontare una serata gourmet, un incontro tra la cucina ligure di Giuse Ricchebuono, a chilometro più vicino possibile allo zero, e quella Atlantica di chef João Rodrigues del ristorante Feitoria di Lisbona, una stella Michelin anche lui.

In attesa della cena un aperitivo nel giardino-terrazza dove protagoniste sono gli aromi liguri, salvia e rosmarino su tutti, ma anche gerani e fiori spontanei colti nel meglio della fioritura. Le sale del Vescovado si riempiono di clienti, Alessia, la moglie di Giuse, fa gli onori di casa coadiuvata da Martina, la figlia, che si rivelerà competente e professionale guida tra piatti e vini (le lezioni di Pier Ravera, sommelier resident, e di Jacopo Fanciulli, consulente di food e beverage tanto bravo quanto riservato), durante il servizio. L’incontro tra chef stellati è stato promosso da Gualtiero Spotti, enogastronomo con un passato da critico musicale. In cucina le due brigate, quella di Giuse, guidata da Mirko Lacota, e quella di Rodrigues. Nessuna sfida, nessuna gara, solo due cucine a confronto. Le prime entrate sono liguri, con i “giochi di cibo”, forme che sembrano quello che non sono. Così un bignè non nasconde la crema ma una toma brigasca, la carota non è una carota, il cioccolatino non è un cioccolatino ma una esplosione di bagna cauda. Magritte non avrebbe saputo fare di meglio. Un flute di pigato metodo classico dell’Antica Cantina di Salea accompagna i giochi. Si va avanti con le verdure primaverili della Piana di Albenga e toma d’alpeggio (si beve lumassina di Sancio), il polpo di roccia con zucchette trombetta  e pompelmo (abbinato ad un raro moscatello di Taggia di Eros Mammoliti), il sugarello con asparagi violetti di Albenga e nocciole Misto Chiavari (vermentino Aimone, BioVio) e tortelli di seppia con barragini e aglio di Vessalico (Apogeo 2017, Terre Rosse). Poi arriva il Portogallo. Il carabineiro (gambero, per chi come noi il portoghese lo parla solo come dialetto…) si esalta con i piselli e il brodo di prosciutto (il vino abbinato è il Lappazucche rosato, in effetti un antico Barbarossa, di Berry, a Balestrino) mentre il gran finale arriva inaspettato con il rombo, riso carolino, salicornia bruciata, ostriche e caviale. Ebbene, l’ostrica abbinata al riso condito con le alghe essiccate e la salicornia bruciata è una esplosione di gusto, di sapidità, di mare aperto, mentre la mangi ti scatta in testa la “Canzone della bambina portoghese” di Guccini e “l’Atlantico immenso di fronte”. Valeva, assieme al cioccolatino di bagna cauda, il biglietto d’ingresso. Ad accompagnare il capolavoro il Rossese di Dolceacqua di Antonio Perrino, poteva sembrare un azzardo, è stata mossa vincente. Chiusura con i dolci e dolcetti, fiordilatte di finocchi e pompelmo, fragole, camomilla e gelato di latte di capra con il passito di pigato di Enrico Dario.

In terrazza, con un sigaro e una grappetta per terminare la serata, ci si lascia avvolgere dalla magia della notte di Noli, dopo aver cenato si parla ancora di cibo, in cucina le due brigate si rilassano e meditano di mangiare qualche cosa, un tempo erano gli spaghetti aglio e olio, per loro gnocchi al pesto, con la promessa di ritrovarsi, magari a Lisbona…

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