Il mortaio: testimone della tradizione

In ogni casa ligure non può mancare il mortaio di marmo col pestello di legno: fa parte del corredo familiare e molto spesso è stato affidato dai vecchi alle generazioni successive.

Per un ligure il mortaio non è solo l’utensile prediletto per fare il pesto, ma un oggetto dal forte valore simbolico, quasi il testimone eloquente del sapere culinario delle generazioni precedenti. Fra i tanti utensili che hanno accompagnato la storia del cibo, il mortaio è uno dei più rappresentativi. Necessario per frangere, battere e ridurre in poltiglia qualunque prodotto alimentare, l’utensile in sé riconduce immediatamente alla preparazione di salse e savori, cioè agli innumerevoli condimenti di accompagnamento alle pietanze, tanto popolari in epoca medievale e rinascimentale.

Un autorevole conferma in tal senso viene dal Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) che alla voce “mortaio” riporta la seguente definizione: vaso di pietra, nel quale, per lo più, si pesta le materie, per far la salsa, e’l savore. Inoltre segnala, dal Decamerone di Boccaccio (metà del XIV secolo), una interessante citazione a supporto di quanto affermato: e mandolla pregando, che le piacesse di prestargli il mortaio suo della pietra, ec. che egli voleva far della salsa (nov. 72. 13).

Doveroso rilevare che sotto i colpi del pestello non si frangevano solo ingredienti per far salse ma ogni altra materia alimentare necessaria alla preparazione di moltissime ricette, dai ripieni per i classici tortelli medievali, fino ai dolci. I grandi cuochi del passato, autori di trattati gastronomici e ricettari, spesso hanno suggerito quali utensili fossero indispensabili in una cucina attrezzata a dovere, e uno o più mortai, di dimensioni differenti, erano sempre presenti.

Bartolomeo Scappi, forse il più illustre cuoco rinascimentale, nel suo trattato Opera, dell’arte del cucinare (Venezia, 1570), raccomanda che in cucina sia posta una meza colonna di pietra fissa in piedi per potervi in un bisogno ponere il mortaro grande, cioè uno fra quelli presenti in cucina. Infatti, nell’elenco delle masseritie inserisce mortari di marmo, e d’altre pietre con lor pestoni di legno sodo, non mancando di specificare che quelli di bronzo grandi e piccioli con li lor pestoni [servono] per pestare spetiere (spezie). Nel Cap. XXX, Per far pisto di polpe di cappone, riferito ai petti di cappone, dice: pestinosi nel mortaro di marmo liscio, perché altra pietra non è così buona a far tal cosa, percioche il rasciuga, e ritira a se, e massime le Trevertine: pestisi col piston di legno che non sia amaro come è la noce, e altri legni. Il mortaio di marmo liscio è considerato il migliore, perché non è poroso come altre pietre; e anche per il pestello ci sono specifiche prescrizioni legate al legno da usare, o meglio, da non usare. Se il noce non è indicato poiché cede un sapore amaro, il pero e l’ulivo, per esempio, sono entrambi ottimi.

Appurato che il mortaio di marmo già secoli addietro era indicato per usi specifici, e considerando che ancora oggi quello che in Liguria utilizziamo per fare il pesto è quasi sempre di marmo bianco di Carrara, occorre chiarire che non tutti hanno la medesima forma pur conservando dettagli comuni, come le classiche “orecchie”. Le tipologie più diffuse sono quattro: genovese, marsigliese, toscano e, in misura minore, bergamasco. Le differenze fra i primi tre sono minime, seppur evidenti: il genovese è più aperto e svasato, il marsigliese più chiuso e quasi a forma di tulipano, il toscano piuttosto arrotondato. Il bergamasco è distinguibile facilmente poiché dotato di una base a piedistallo che lo caratterizza. Anche il pestello non ha una sola forma e la distinzione più netta si rileva fra i modelli a una testa e quelli a due. Oggi quasi tutti ne hanno una, mentre in passato erano assai diffusi quelli a doppia testa, probabilmente per un uso differente delle due estremità. Dettagli tecnici a parte, rimane il forte legame che ciascun ligure ha con il mortaio di famiglia, anche se in qualche caso, decenni addietro, non era raro vedere vecchi mortai retrocessi al ruolo di abbeveratoi per le galline. Da qualche anno, però, c’è un forte ritorno del mortaio e dell’uso familiare di preparare il pesto a colpi di pestello. Fa parte del costume odierno ed è un modo pratico e agevole per comprendere l’essenza di uno fra i più antichi utensili da cucina e il sapore originale di una salsa che ci distingue nel mondo.

Sergio Rossi

 

I MORTAI DI CARRARA 

Oltre a essere il centro d’estrazione dell’omonimo marmo, Carrara è anche il luogo nel quale si fabbricano i mortai. Terra di cavatori e abili artigiani, in questa parte di Toscana si producono e si commerciano mortai da diversi secoli, tanto che, secondo alcuni storici, le navi che scaricavano merci all’antico porto di Lavenza, se non avevano carichi da imbarcare sulla via del ritorno, stivavano mortai che, oltre a fungere da zavorra, sarebbero stati facilmente commerciabili in qualunque porto di attracco. Ancora oggi nel carrarese si fabbricano i classici mortai di marmo bianco destinati ai negozi di tutto il mondo.

IL CAMPIONE DEL MONDO EMILIANO PESCAROLO

Il mio primo, unico e ultimo campionato mondiale di pesto al mortaio, l’ho vinto usando un piccolo e molto vecchio mortaio che apparteneva alla nonna di mia moglie. Mortaio che, stima per difetto, potrebbe avere non meno di 60/70 anni. Una volta restituito, mi si è creata l’esigenza di averne uno un po’ più grosso e capiente per poter preparare quantità maggiori con un po’ meno fatica. In commercio se ne trovano di diverse dimensioni, io però ne volevo uno che fosse un po’ personalizzato, così mi sono rivolto ad uno scultore, il quale durante la gara di pesto, esponeva delle sue creazioni di mortai artistici molto interessanti. Lo scultore si chiama Huynh van Hoang, è Vietnamita naturalizzato italiano con uno spiccato accento toscano che vive a Favale di Malvaro. Appena contattato, non ha esitato un attimo e in meno di una settimana il mortaio era pronto. Potrà sembrare tanto una settimana, ma considerando che è interamente fatto a mano senza l’uso del tornio, ha avuto il suo bel da fare! Ricorda molto i mortai del passato con tutte le loro irregolarità estetiche, ma è davvero funzionale. Avevo lasciato libero sfogo alla sua fantasia, chiedendo però che sul mortaio ci fossero poi incise le mie iniziali… magari in piccolo, beh gli ha un po’ preso la mano, ma va bene così!!!

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