Durin: vini di mare, di monti e di grotta

È sempre interessante fare visita a cantine conosciute: si ha la possibilità di tastare con mano ma soprattutto con il palato differenze di annate, sia dal punto di vista climatico che di nuove tecniche di conduzione aziendale.

La mia meta di oggi è Durin una delle cantine storiche del Savonese con la sua gamma di vini di alta qualità, interpreti da sempre dei vitigni del territorio quali Pigato, Vermentino, Alicante, Lumassina, Granaccia, Rossese e Ormeasco. La cantina si trova nel primo entroterra della costa ligure, nel comune di Ortovero. Ma oggi, e questa è la prima novità, l’uscita al casello autostradale è Borghetto in direzione Toirano, insediamento romano e fortificazione bizantina di cui rimangono ancora oggi tracce di mura e torrioni oltre alle antiche case e logge medievali. Poco più in alto raggiungo le grotte di Toirano, immerse in un imponente paesaggio di bianche rocce calcaree. Seguendo un sentiero mi trovo all’uscita della grotta della Bàsura (o della Strega), che riveste eccezionale importanza non solo per la bellezza speleologica, ma anche per i preziosi resti preistorici risalenti al Paleolitico. Lì ho appuntamento con Laura Basso che con il marito Antonio sono anima e motore di questa realtà imprenditoriale nata un secolo fa per opera di nonno Isidoro, detto Isidurin. Laura è una persona solare, ci accoglie con un sorriso e mi racconta di quando “Durin”, uomo dalla forza erculea, tirò fuori da un torrente un bue, salvandolo dalla corrente. Nel nostro viaggiare di ricordi, Laura mi confida anche dell’incontro avuto con il suo futuro marito Antonio, che indomito, riuscì a trovare il numero di telefono che ella gli aveva dato volontariamente sbagliato.

Mi racconta che Isidoro insieme a suo figlio iniziò a promuovere la viticoltura dapprima con il solo scopo di vendere le uve o il vino sfuso: contadini che si tramandavano le tradizioni e l’amore per un territorio difficile da lavorare, diviso in piccoli appezzamenti terrazzati. All’inizio degli anni ‘80, l’azienda Durin dà inizio alla sua metamorfosi per mano di Antonio intraprendendo la strada della specializzazione. Si investe in strutture e macchinari: dapprima con la costruzione di una cantina più moderna e funzionale, poi si acquistano vasche collegate ad impianto frigo che consentono di praticare la vinificazione cosiddetta in crio-macerazione.

Traspare fin dalle prime affermazioni di Laura, tutta la passione e la tradizione di una famiglia che ha dedicato i propri sforzi a rendere sempre migliori le proprie vigne e curando in casa i propri vini, con Antonio a fungere da “enologo”, “perché il vino per essere commercializzato, deve piacere prima a lui”. Ora il figlio più grande dei tre, Giovanni lavora come enologo in cantina, cercando di rubare i segreti gelosamente custoditi da papà ed innovando grazie ai suoi recenti studi.

Oggi Durin è una delle cantine storiche del Savonese tra le migliori interpreti dello splendido territorio della Valle Arroscia promotrice di una vasta gamma di vini di alta qualità, con una grossa varietà di Pigato che fa apprezzare le notevoli sfaccettature che questo vitigno dona. La cantina si trova nel primo entroterra della costa ligure, nel comune di Ortovero.

La tenuta si estende su circa 18 ettari, estremamente parcellizzata, con un’altitudine che varia dai 60 ai 600 metri sul livello del mare, alcuni appezzamenti coltivati su ripidi pendii con i classici muri a secco a ridosso dei monti. Le Alpi Liguri svolgono un importante ruolo nel microclima ligure. La loro conformazione è netta: più declinante verso il mare, più verticale a nord (versante francese e piemontese); e così l’aria fredda proveniente da nord si scontra contro una parete di roccia e risale in alto, proteggendo il versante. In questo cozzare tra correnti fredde e aria mite proveniente dal mare, il territorio è beneficiato da un microclima unico, con escursioni termiche importanti, sufficienti piogge e temperature ottimali con scarse gelate invernali.

Diverse altimetrie, acclività ed esposizioni donano terreni completamente disparati (argillosi, sabbiosi, ferrosi verso il mare e alcuni ricchi di reperti fossili) che, con un faticoso lavoro di selezione qualitativa in vigna e un’attenta e scrupolosa lavorazione in cantina, fanno raggiungere uno splendido equilibrio tra tutti questi elementi e la passione che viene messa in ogni membro della famiglia, trasmettendo nel bicchiere “un pezzetto del nostro cuore” una storia antica, una famiglia, tanto sudore, tanta strada che parte dal recupero delle vecchie tradizioni e dei vecchi sapori della propria terra verso un futuro ancora da realizzare pienamente.

Nella già ampia gamma di produzione di Pigato non mancano altre uve a bacca bianca quali il vermentino, la lumassina, le uve rosse ormeasco, rossese, ma anche la granaccia e l’alicante due cloni di uno stesso vitigno, profondamente diversi tra loro come fatto notare da Antonio in vigna. Ed è proprio in vigna che si svolge una delle winexperiences proposte dall’azienda: un tour in fuoristrada per i pendii scoscesi dei terrazzamenti davvero entusiasmante, per conoscere la viticoltura eroica praticata in queste zone.

Ma siamo arrivati fino all’uscita della grotta che, nel 1950, fu scoperta estendersi in una serie di sale interne lungo un percorso di circa 450 metri, meravigliose per la ricchezza e la varietà di concrezioni e una grandiosa colata di alabastro.

La grotta anche d’estate gode di una temperatura costante di 15 gradi, un’umidità del 90% e la totale assenza di vibrazioni. Condizioni ideali per la conservazione del vino e anche per la presa di spuma degli spumanti, quel processo in cui ad un vino vengono aggiunti zuccheri e lieviti e, tappando la bottiglia con tappo a corona, si innesca una rifermentazione in un ambiente chiuso formandosi anidride carbonica e quindi le famose bollicine.

Già, ma ottenere la presa di spuma e far diventare uno spumante è un processo che mani esperte riescono a ottenere con relativa facilità, ma portare le bottiglie dentro una grotta con una rilevanza storica e artistica come le grotte di Toirano è un’impresa sicuramente più difficile: grazie alla testardaggine di Antonio e all’intraprendenza di Laura, il Comune ha dato il suo assenso e, successivamente, la Sovraintendenza ha sposato il progetto e quindi, nella parte terminale della grotta, tra stalattiti e stalagmiti millenarie, riposano le bottiglie in condizioni davvero ottimali.

Antonio Basso (grande appassionato di Champagne) e tutta la sua famiglia hanno avuto il coraggio di produrre una loro personale interpretazione del metodo classico da uve autoctone coltivate nei vigneti con suoli particolarmente indicati alla coltivazione delle uve bianche, e due tipologie di uva a bacca rossa; e visto che la zona di Ortovero, è particolarmente vocata alla coltivazione dell’uva Pigato, varietà principe tra i vitigni bianchi liguri, hanno pensato di creare due vini proprio a base di Pigato. Parlo del Basura Riunda millesimato e del Basura Obscura, ed uno, il Basura Rosa con un mix di Rossese e Granaccia.

Il significato del nome del vino è presto spiegato: il nome Basura vuol dire strega: deriva da una delle più belle sale delle Grotte e si rifà alla leggenda che il luogo fosse abitato dalle streghe.

Ridiscendendo il sentiero che conduce alla biglietteria e alla sala dell’orso, le mie papille gustative iniziano a pregustare un prodotto particolare; oltretutto con l’enologo figlio Giovanni, persona umilissima e molto preparata, col quale posso saziare la mia sete di conoscenza: e così iniziamo la degustazione.

Il primo spumante proposto da Durin è il Basura Obscura. Prodotto con il metodo della criomacerazione, una pressatura soffice delle uve e un parziale affinamento in botti di una piccola percentuale del vino base. Rimanenza sui lieviti nella seconda fermentazione per almeno 24 mesi, ma l’intento è quello di allungare sensibilmente i tempi. Nel calice un bellissimo colore giallo paglierino, con bollicine finissime, numerose e persistenti: dal fondo del bicchiere risale un geyser di bollicine. Al naso i sentori varietali del Pigato non vengono sovrastati dalle note della autolisi dei lieviti: vanno a braccetto con eleganti sentori agrumati di cedro, erbe aromatiche, fiori bianchi e piacevole nota di vaniglia. Il palato è fresco, avvolgente, elegante, complesso e con una buona sapidità che ricorda la brezza iodata. Vino dal facile abbinamento: dai frixoi di erbe (borragine bietole e erbe spontanee) a quelli di baccalà, a primi piatti con ragù bianchi di mare e di terra, frutti di mare, secondi di mare leggermente salsati ma anche formaggi a pasta molle. Un inciso: fino a qualche anno fa ero perplesso sulla spumantizzazione del Pigato per una serie di fattori, ora devo fare ammenda!

Laura mi versa con estrema delicatezza il secondo vino: il Basura Rosè un rosato da uve rossese e granaccia vinificate parzialmente in bianco con breve sosta sulle bucce. Ha un intenso color rosa buccia di cipolla, il naso è fine, ampio, elegante con note floreali (rosa) e fruttate (fragola,  ciliegia e ribes) e con spiccata impronta marina.

Al gusto è fresco, avvolgente, equilibrato, con una piacevole fragranza fruttata, un’ottima struttura masticabile, una nota quasi marina, e una bolla non aggressiva, cremosa, che accarezza il palato con un finale, lungo, persistente e di grande piacevolezza. Ideale a tutto pasto con piatti profumati e saporiti. Ottimo anche come aperitivo, con salumi anche impegnativi come la testa in cassetta, frutti di mare, guazzetti, sardenaira e con secondi come calamari ripieni in umido o il classico zimino di fagioli e costine di maiale.

Non posso che complimentarmi con la famiglia Basso per la loro passione, il loro lavoro: un’azienda, Durin, che ha rispetto e della natura e dei valori familiari, consapevolezza delle loro origini, ma con un occhio all’innovazione.

Franco Demoro

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