Rezzo, il Medioevo e oltre…

Un paese costruito attorno al suo castello, quello fatto erigere dai Clavesana alla fine del XVII secolo dopo che i Savoia avevano distrutto il precedente fortilizio del XII secolo.

Rezzo è questo, ma non solo, ovviamente. Il castello (oggi della famiglia Deperi, produttori di vino, che in quelle che un tempo erano le cantine e le prigioni mettono ad invecchiare i propri vini, compreso un ottimo spumante) è a pianta quadrangolare e, sugli angoli, si notano le garitte di avvistamento. All’interno una teoria di sale, dai saloni di rappresentanza alle cucine, dalle camere da letto all’armeria e tutto quello che serviva a proteggere nobili e cavalieri. Legata al castello una leggenda affascinante. Il marchese, avvalendosi dello ius primae noctis, pretendeva di trascorrere la prima notte di nozze con le giovani spose. Accadde così che, stufi dei soprusi, i mariti e gli abitanti innescarono una rivolta, costringendo il marchese a fuggire da un passaggio segreto e chiedere aiuto al signore di Genova, suo cugino. Un piccolo esercito marciò all’imbrunire verso Rezzo per sopprimere la rivolta e mettere a ferro e fuoco il paese. Giunti in prossimità del borgo, i soldati notarono una moltitudine di fiaccole e, pensando fossero i contadini pronti alla difesa, desistettero; erano, invece, le anime del Purgatorio venute a soccorrere i rezzaschi. E, ancora, un altro monumento, importante, amato dagli abitanti non solo di Rezzo, ma di tutta la vallata: il santuario del Santo Sepolcro e della Natività di Maria Bambina, risalente al XV secolo, costruito su una precedente cappella, sempre dedicata alla Vergine. Il santuario custodisce opere di alcuni dei principali artisti della vallata, sculture e portali dei maestri scalpellini di Cenova e affreschi di Pietro e Guido da Ranzo. Proprio perchè costruito e voluto dagli abitanti di Rezzo, il santuario è di proprietà comunale e indipendente dalla curia. Rezzo, però, è famosa anche per il suo bosco, una faggeta tra le più estese d’Europa, fitta, ricca di funghi e di tracce del passato nel Sotto di San Lorenzo, un grande pianoro che ospita il misterioso menhir e le coppelle sacrificali, eredità dell’antico popolo ligure; in un tempo più recente ospitava una fiera del bestiame che attirava gente da tutte le vallate. E proprio dal Sotto di San Lorenzo si arriva al passo della Mezzaluna, crocevia di Valle Arroscia e Valle Argentina. Siamo nel cuore del Parco delle Alpi Liguri, che a Rezzo ha la sua sede; il Parco è il regno del lupo, del camoscio, del gallo forcello, della marmotta, sorvegliato dall’alto dai voli eleganti dell’aquila, ma rappresenta anche uno scenario perfetto per il trekking e l’outdoor. La Valle della Giara è ricca di numerosissime cappelle dedicate a vari Santi, ma il patrono del Comune è San Martino che, ogni 11 novembre, viene festeggiato con una celebrazione religiosa, ma non può mai mancare la banda. La storia, le leggende, avvolgono Rezzo, come l’antica tradizione delle “Babacce”, forse residuo rito celtico. Nell’ultimo sabato di ottobre, sui davanzali, compaiono le zucche (ma un tempo, probabilmente, erano le rape), svuotate e intagliate, illuminate all’interno da una candela. Tranquilli, però, non è Halloween, ma una festa di luce, una invocazione perché il buio che sta accorciando le giornate finisca presto.

E a proposito di tradizioni, che dire della storica Sagra della Trota, una delle più antiche della Liguria, che si ripete da oltre mezzo secolo il terzo sabato di luglio? Un tempo le trote erano pescate nel torrente Giara, oggi, per problemi burocratici e ambientali, i pesci arrivano da fuori, ma le cuoche e i cuochi della Pro Loco li propongono seguendo le antiche ricette. E a proposito di ricette bisogna almeno nominare tre piatti golosi e antichi: i frisciöi di minestrone, la torta salata di zucca e le sciumette, un semplice dolce di zucchero e albumi. Torniamo al territorio, alla Giara, affluente dell’Arroscia, di grande importanza economica e militare. Seguendo il suo corso si incontrano numerosi e spettacolari ponti, nati per la maggior parte tra il XV e il XVII secolo. L’importanza della rete viaria era tale che, per secoli, tutti i capifamiglia di Rezzo dovevano prestare due giornate di lavoro gratuito all’anno per la manutenzione e il restauro dei tracciati.

Rezzo ha anche tre frazioni di grande interesse. Lavina, costruita nel fondovalle, ha la suggestione dei vicoli e di un ponte medievale, un nucleo compatto, una bella chiesa dedicata a Sant’Antonio Abate e un pregevole Santuario dedicato alla Madonna della Neve. Cenova, più in alto, ha mantenuto la struttura urbanistica del XVI secolo: un nucleo abitativo costruito attorno ad una suggestiva piazzetta. Una frazione conosciuta soprattutto per la scuola degli scalpellini, artigiani della pietra che tra il XV e XVI secolo furono impegnati ad abbellire i borghi di tutta la contea di Tenda e della Valle Arroscia. Ovviamente una passeggiata in questo borgo, dove la pietra parla, e una visita al museo fanno scoprire una serie di portali e incisioni di grande interesse storico e artistico. Non dimentichiamo la piccola ma graziosa borgata di San Bernardo che, adagiata sul crinale ai piedi del Monte Grande, è stata teatro delle sfortunate guerriglie tra partigiani e nazifascisti. Rezzo, insomma, sembra custodire tutto al suo interno: natura, storia, gusto, cultura e arte. In estate, da sempre, è scelta da molti turisti, anche stranieri, per trascorrere al fresco le vacanze.  Così, ogni estate, la Pagoda e le piazze dei borghi prendono vita con musica, serate danzanti e spettacoli. Per informazioni visitate il sito www.turismorezzo.com e seguite le pagine social della Pro Loco di Rezzo.

Stefano Pezzini

REZZO GOURMET

Rezzo ha moltissimo da offrire sotto il profilo enogastronomico. Il ristorante più conosciuto è La Lavinella nella frazione di Lavina che è aperto solo a pranzo.  Vicino al Santuario di Rezzo ha sede un agriturismo che produce formaggi di capra e da poco anche da latte di mucca Cabannina. Ma soprattutto la Valle Arroscia è la terra di elezione dell’Ormeasco e il comune di Rezzo si trova all’interno della DOC.

Qui si trova l’Azienda Agricola Gualtieri del giovane Roberto Gualtieri che ha deciso di seguire le orme dei suoi genitori. Già nel 2006 il padre aveva iniziato l’attività con la coltivazione dell’Ormeasco di Pornassio, per poi ampliare con l’acquisizione di terreni votati al Pigato, Vermentino e Sciac-Trà. In un primo tempo la produzione veniva conferita all’interno di una cooperativa. Nel 2020 il salto di qualità con gli investimenti nella nuova cantina (15 botti e un’attrezzatura completa) e l’uscita dalla prima etichetta Gualtieri. Le vigne di Ormeasco sono dislocate a Pornassio, quelle del Pigato e del Vermentino si trovano ad Imperia e a Chiusavecchia per un complessivo di circa due ettari e mezzo, tra bianco e rosso. La vinificazione è seguita dall’enologo Alex Berriolo e la sua produzione ha già avuto prestigiosi riconoscimenti. Paolo Massobrio e Marco Gatti hanno inserito l’Ormeasco di Pornassio Superiore 2018 della Cantina Gualtieri tra i Top Hundred 2022, la guida che premia i 100 migliori vini dell’anno, presentata a novembre 2022 durante Golosaria a Milano. La cantina dell’Azienda Agricola Gualtieri si trova in Via al Santuario 2, (tel. 3381833769 e-mail aziendagualtieri@alice.it). Roberto e la sua famiglia saranno felici di farvi degustare l’intera produzione di Ormeasco, Ormeasco Superiore, Sciac-Trà, Pigato e Vermentino.

 

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