Carnevale e Quaresima a tavola

Se le festività natalizie e il Carnevale segnano la celebrazione di una cucina piuttosto impegnativa, la parentesi quaresimale, al di là del credo religioso, suggerisce una pausa disintossicante.

Sui monti dietro Genova, in particolare nella frazione di Tre Fontane, a Montoggio, in alta valle Scrivia, nei giorni di Carnevale del periodo compreso fra le due guerre mondiali, era ancora viva una tradizione piuttosto datata. Un gruppetto di giovani travestiti chi da orso, chi da notabile, chi da sacerdote, chi da donna, visitava le frazioni marginali e i casolari isolati portando un momento di goliardica allegria a base di musica e canti. Ogni porta diventava un piccolo palcoscenico presso il quale dare sfogo alla propria spensieratezza. I contadini aspettavano quella festosa visita e ricambiavano la cortesia regalando soprattutto uova e qualche altro prodotto alimentare. Il lungo giro terminava a tarda sera nella trattoria dei miei nonni dove, con tutte quelle uova, nonna preparava, per la combriccola allargata, una grande frittata e lo zabaione caldo. La festa continuava fino a notte fonda così da onorare degnamente il Carnevale. Si trattava dell’ultima baldoria prima di un periodo tradizionalmente dedicato alla sobrietà, se non proprio al digiuno quaresimale: una sorta di parentesi “di magro” seguita ai bagordi festivi e al sacrificio del maiale per farne salumi e insaccati.

Per tanti miei conterranei di quel tempo, forse non ci sarebbe stato bisogno delle prescrizioni religiose per seguire una dieta di magro, poiché la vita su quei monti non si spostava molto dalla poca pasta, dalle zuppe, da pane e formaggio e dalle immancabili castagne. Questo breve ricordo offre lo spunto per suggerire alcune ricette di transizione fra la parentesi festiva e il rigore quaresimale traguardando l’arrivo della primavera con il consueto risveglio vegetativo. Per farlo abbiamo chiesto aiuto a Renata Briano, popolarissima food blogger genovese con un passato di impegno politico ad alti livelli, conclusosi con una legislatura da parlamentare europea.

Renata ha suggerito due ricette pubblicate sul blog “La nostra politica in cucina”, ideato, curato e condiviso assieme al marito Luciano.

La scelta dei Gattafin (qui la ricetta completa) vuol essere un tributo al periodo di mezzo fra le libagioni festive, ricordate dalla frittura, e le erbette spontanee primaverili, fresche e disintossicanti.

I Gattafin appartengono alla famiglia delle focaccette fritte che nella sola Liguria vede innumerevoli varianti locali come, per esempio, i Barbagiuai della Val Nervia, nei quali il ripieno è a base di zucca. Il nome Gattafin sembra ricordare vagamente la Gattafura, celebre antenata delle torte di verdura liguri che, nelle ricette più antiche, prevedeva un ripieno a base di erbette o di cipolle. Cambia solo il metodo di cottura ma la sostanza è quella e non fa che confermare la predilezione ligure verso le specialità a base di verdure e ortaggi.

La ricetta della Frittata di Carciofi (qui la ricetta completa) richiama invece la storia del Carnevale di Tre Fontane con la grande frittata ricavata dalle uova raccolte durante la baldoria itinerante. Anche in questo caso si strizza l’occhio alla primavera con l’uovo, simbolo della circolarità della vita, e con il carciofo che rimarrà protagonista fino a Pasqua nelle più classiche torte pasqualine (anche se, secondo le due Cuciniere Genovesi, “pasqualina” sarebbe solo quella di bietole e Prescinseua a strati sovrapposti, mentre tutte le altre si chiamerebbero “cappuccine”, termine caduto in disuso forse da più di un secolo).

Due ricette dal tono differente: la prima, solo apparentemente popolare, contestualizzata in una tradizione ben radicata richiama comunque la festa, visto che, in passato, la frittura non poteva certo definirsi un metodo di cottura quotidiano, se non nelle friggitorie o nelle famiglie più abbienti. La seconda, certamente più comune e diffusa dappertutto, se non altro come metodo, assume un tono più raffinato grazie ai carciofi, ortaggi che da secoli crescono rigogliosi negli orti delle riviere liguri, come testimoniano i documenti storici che ne attestano il generale apprezzamento.

Sergio Rossi

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