Tra storia e leggenda il suggestivo borgo medievale è diventato, nel corso degli ultimi decenni, un’importante attrazione in grado di richiamare ogni anno migliaia di turisti. Il nome, per cominciare: Black Prince, principe nero, e non poteva essere altrimenti visto che siamo a Seborga, prima collina tra Bordighera e Ospedaletti, caratteristico borgo di poco meno di 300 abitanti che non si definisce Comune, ma Principato, in virtù di un controverso documento settecentesco. Tra storia e leggenda il suggestivo borgo medievale è diventato, nel corso degli ultimi decenni, un’importante attrazione in grado di richiamare migliaia di turisti. Da qualche tempo, accanto alle bellezze storiche e architettoniche, c’è un’altra golosa attrazione: i tartufi, quello nero pregiato, quello nero estivo e il bianchetto.
Il tutto grazie al sogno imprenditoriale delle famiglie Casali e Guglielmi che, nel giro di pochi anni, hanno iniziato un poderoso lavoro di rimboschimento di un terreno a poche centinaia di metri dal borgo piantando oltre 500 piante, la maggior parte di leccio micorizzate con il Tuber melanosporum, il tartufo nero pregiato. Dopo una lunga attesa quella che è considerata la tartufaia coltivata più grande del Ponente, ma probabilmente dell’intera Liguria, ha cominciato da qualche anno a produrre il prezioso fungo ipogeo, ricercato dai gourmet e dai migliori ristoranti di Riviera ed entroterra.
William Casali, il visionario e appassionato tartufaio che con molti sacrifici ha creato la tartufaia, è giustamente soddisfatto del risultato: “Il Black Prince, il tartufo di Seborga, si conferma una vera eccellenza per l’estremo Ponente ligure. Un prodotto principe delle tavole di tutto il mondo, è anche una delle coltivazioni a impatto ambientale pari a zero. In più siamo molto soddisfatti perché abbiamo effettuato un vero e proprio rimboschimento”.
Oltre a essere protagonisti sulle tavole dei buongustai, i tartufi di Seborga stanno diventando una vera attrazione turistica grazie all’iniziativa “Tartufaia aperta”, domeniche dove (in stagione) si può assistere alla ricerca e alla “cava” del Black Prince e dei suoi “fratelli”. Una esperienza che piace molto ai turisti, sorpresi dal fatto che i tartufi non siano solamente una specialità di Langhe e Monferrato. Del resto il rapporto della Liguria con i tartufi è antico. Si narra (in effetti è scritto negli annali) che durante i lavori per la costruzione della via Iulia Augusta i soldati romani, durante i lavori di scavo, trovassero abbastanza tartufi neri (a volte anche bianchi) con cui sfamarsi.
Seborga, ovviamente, non è solo tartufi, ma paesaggi, storia, bellezze architettoniche come la chiesa parrocchiale dedicata a San Martino di Tours o l’antica chiesetta dedicata a San Bernardo, suggestiva con le sue pareti in pietra, immersa nel verde, risalente al ‘300. Poi il centro storico, con le sue quattro porte d’accesso. Purtroppo dell’antica porta a nord dell’abitato rimangono solo i cardini, mentre ben identificabili sono la Porta San Martino, quella di San Sebastiano e la Porta del Sole. Perdendosi, si fa per dire, tra vicoli e piazzette, ci si trova davanti il Palazzo dei Monaci e la Zecca Seborghina. L’edificio è in piazza San Martino e circonda il sagrato della chiesa con la sua sequenza di archi a tutto sesto. Al piano terra, in un vasto salone con un grande camino in ardesia, si trova ancora una lastra con lo stemma del Cardinale di Vendôme e i gigli di Francia, con la frase in francese “Sebourge sois assurée que je quitte sans regret”, che si ritiene essere stata fatta scolpire dagli stessi monaci intorno al 1729, lieti di essersi disfatti del Principato vendendolo ai Savoia. Nella parte inferiore si trova un locale dove, dal 1666 al 1687, vennero coniati i luigini, la moneta che ancora oggi viene coniata in diverse pezzature per la gioia dei numismatici.
Nel caratteristico Vicolo Chiuso, inoltre, è possibile visitare il Museo dei Luigini – Collezione Minervini e il Museo della Zecca, gestito dalla Pro Seborga. I due musei, a entrata libera, si trovano l’uno di fronte all’altro. La Collezione Minervini espone tutti i Luigini del Principato, nelle varie emissioni realizzate, compresa la ricercata moneta da 7 Luigini e mezzo del 1995 da un’oncia di argento 999, oltre che un esemplare dei rarissimi luigini del 1669 e del 1671.
Alcuni pannelli esplicativi riportano la storia dei luigini che il Principato di Seborga ha coniato sin dal 1666. Il Museo della Zecca espone invece alcuni macchinari adibiti al conio dei luigini, tra cui un torchio e un conio del 1869. Un Principato che si rispetti, seppure di piccole dimensioni, non poteva non avere un carcere: una stanza buia e umida, con in terra della paglia, una rustica panca in legno e una catena fissata alle pareti è quanto arredava l’antica Prigione. Il Principe-Abate di Seborga godeva, infatti, anche dello “ius gladiis et sanguinis“, cioè della facoltà di comminare, ai colpevoli di gravi reati, la pena di morte.
Nella Prigione di Seborga, nel corso dei secoli, vennero rinchiusi, circa 200 “malfattori”, ma nessuno fu condannato a morte.
Tra tartufi e storia, insomma, Seborga merita sicuramente una visita.
Stefano Pezzini