Arnasca: cultivar esemplare

Arnasco, immediato entroterra di Albenga. Luogo di secolari frequentazioni umane, alle pendici del monte Castell’Ermo. La dimensione rurale nasce nel fondovalle, in località Arvelio, legata poi ad Albenga, mentre a monte, in Arnasco, si forma una castellania, un feudo di nomina imperiale, per secoli consegnato a nobili famiglie ingaune. Peraltro, il nome del luogo ha origine dibattuta: – asco è un suffisso che indica appartenenza, ma “Arno” può indicare un corso d’acqua in lingua ligure preromana oppure fare riferimento all’arena del fondovalle o ancora al nome germanico Arnulfo. Peraltro, oggi la fama del posto è legata al recupero del territorio agricolo ed in particolare dell’olivo. E la cultivar di olive locale è di fatto una sostanziale unicità. L’Arnasca. Si tratta di una cultivar destinata alla sola produzione di olio. È presente anche con qualche esemplare in altre località della provincia di Savona e di Imperia. Qui è detta anche Pignola di Arnasco. Una definizione distintiva che avvicina l’Arnasca alla Pignola, cultivar propria della Provincia di Savona. Per curiosità, va detto che come Pulentolla è nota anche in quel di Sestri Levante, in provincia di Genova. L’Arnasca si materializza su di un albero molto ligure, rustico. Poco sensibile ai ritorni di freddo, il che non guasta in un entroterra ingauno che è Liguria da conoscere, con le sue emozioni legate a qualche giornata invernale più rigida, dalle notti stellate, con il cielo sgombro e il gelo mattutino. La pianta è generalmente più piccola rispetto alla Taggiasca, ma va detto che anche la buona pratica colturale ha reso sempre più lavorabile l’albero. E di per sé anche il frutto è particolarmente piccolo, ma capace di buone rese. Una selezione locale ed accurata, dunque. Si apprezzano la produzione costante e la qualità dell’olio, con note che ricordano il pinolo, come per la Pignola, ma temperate da un fruttato intenso. I fenoli elevati, quali antiossidanti, garantiscono una vita lunga all’olio di Arnasca. E c’è sempre la dolcezza propria degli oli liguri. E fino a questo punto, descrizione e peculiarità di albero, frutto ed olio prodotto sarebbero convincenti. C’è però una vicenda territoriale che merita di essere raccontata. Un valore aggiunto, una Liguria “differente” rispetto a determinate realtà conflittuali, che emerge e rappresenta un esempio virtuoso, un recupero del territorio da seguire ed esportare. All’inizio degli anni Ottanta del Novecento l’entroterra ligure aveva vissuto un triste spopolamento. Ne erano responsabili la seduzione dei posti di lavoro tranquilli e sicuri in località costiere, i servizi concentrati lungo il litorale, la voglia di modernità. Le campagne venivano abbandonate. Ricorda Luciano Gallizia: “Era abbandonato tutto o molto ad Arnasco, ma gli alberi erano ancora lì. I muri, le mulattiere. Abbiamo pensato che si potesse dare un’altra possibilità al territorio. Resistere, unirci, ritornare alla campagna”. Luciano Gallizia è lo storico presidente della Cooperativa Olivicola di Arnasco. E le sue parole, ora un ricordo, definiscono una profezia avverata. Un impegno che la Cooperativa persegue fin dalla sua fondazione, nel 1984. Pochi soci, inizialmente, ma un recupero costante e testardo di terreni, muri a secco, oliveti. Oggi i soci sono quasi 300 e più di 130 sono aziende agricole riconosciute dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale. La Cooperativa, da sola, gestisce 160.000 metri quadrati di oliveti e traccia ogni passaggio colturale e produttivo. Una delle azioni contraddistinte da maggiore impegno nel tempo è stata quella del recupero dei muri a secco. Una condizione imprescindibile per garantire il sostegno ai terrazzamenti e un presidio del territorio. È memorabile, non solo per gli appassionati, la pubblicazione di agili manuali come quello relativo a Metodologie e tecniche di costruzione dei muretti a secco, edito nel 2002. Profetico, in considerazione della recente iscrizione dell’“arte dei muretti a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO in quanto rappresenta “una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”. Un percorso che ha portato i protagonisti del recupero anche all’insegnamento tecnico dove era necessario rinverdire la memoria pratica, come ad esempio a Cuba. E del resto dal 2011 Arnasco è sede italiana dell’Alleanza mondiale del paesaggio terrazzato. Le radici salde nella tradizione, quindi, leggibili nel Museo dell’Olivo e della Civiltà Contadina così come nei molti incontri culturali a tema, promossi con cadenza annuale. E però proiezione nel presente e nel futuro con gli attuali progetti pionieri in relazione alla lotta alla mosca dell’olivo, da cui ne segue una linea di produzione biologica. Va detto che tale operazione è consolidata da 20 anni, grazie al posizionamento delle trappole feromoniche dell’azienda greca Vioryl. Un’azione resa possibile però dalla diffusione delle trappole su di un territorio molto ampio, dato che l’impegno coinvolge tutti gli olivicoltori locali. A tutt’oggi la produzione di olio extravergine di oliva monocultivar Arnasca e ovviamente l’olio extravergine di oliva DOP Riviera Ligure-Riviera del Ponente Savonese sono presenze fondative per il pubblico. La linea biologica è una straordinaria conseguenza.

Alessandro Giacobbe

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