Focaccette di Sori: veniamo da lontano

Immagina di trovarti su un crinale verde, a mezza costa, lungo la Riviera Ligure di Levante, in particolare a Sori.

In basso vedrai terrazze circondate da muri di pietra, uliveti, qualche borgo sparso, casolari isolati e, laggiù in fondo, un paese affacciato sul mare. Verso l’alto ancora casolari qua e là, pendii boscosi, castagneti, macchia ricoperta di arbusti e prati fino allo spartiacque. È il paesaggio delle valli che dal mare salgono fino alle prime costiere appenniniche, la terra che i vecchi hanno cercato di sfruttare sbancando pietraie, roncando e dissodando terreni da coltivare a orti e tagliando erba dappertutto per nutrire “le bestie”, quelle da latte, beninteso, bestie in senso positivo, che rendevano, davano da mangiare e in qualche misura segnavano la “ricchezza” di una famiglia: chi aveva più bestie era considerato benestante più di altri che ne avevano una sola o neppure quella; bestie che soprattutto erano vacche, talvolta poche pecore o qualche capra.

Ora che sei lì prova a pensare a una famiglia contadina vissuta qualche secolo fa su quei versanti: è inverno, il fuoco in cucina è quasi sempre acceso, anche se la legna si misura con la necessaria parsimonia. Per fortuna il mare è poco lontano e non fa freddo come nell’entroterra più profondo. Una donna impasta acqua e farina per poi stendere come può l’impasto e cuocerlo su una superficie rovente, a volte il focolare stesso, posto a terra, oppure una terracotta. Sta preparando una focaccetta arcaica, antenata di tutte le focacce e focaccette moderne: roba semplice, senza lievito, da mangiare come il pane, magari accompagnata da una fetta di formaggetta e da qualche foglia di cavolo bollito o poco altro. Può costituire la colazione del mattino, un po’ come faceva Simulo, rozzo coltivatore di un piccolo campo, descritto nel Moretum (poemetto attribuito a Virgilio) intento a ravvivare il fuoco, all’alba, per cuocervi una focaccetta da mangiare con un battuto di erbe aromatiche, aglio, formaggio, olio, aceto e sale. Qualcuno parla di un pesto primordiale, forse solo un condimento un po’ grezzo per dar sapore al pane. Pensare si friggesse in casa come facciamo oggi probabilmente sarebbe sbagliato, molto più semplice, per chi si spostava, passare da una sciamadda (friggitoria) e comprare qualche frittella o certe focaccette con dentro la salsiccia, anziché sprecare olio.

Passa il tempo, le stufe e (in alcuni casi anche i Rumford o focolari da muro) entrano nelle cucine dei contadini – almeno parecchi di loro – e le focaccette si cuociono sui coperchietti roventi. L’impasto non cambia, chi può aggiunge un poco di latte o strutto, ma raramente. Però ci sono i giorni di festa, ricorrenze in cui ci si lascia andare a qualche trasgressione, dunque le focaccette, solitamente cotte a secco, finiscono nell’olio bollente e sono migliori se di pasta lievitata. Olio d’oliva, s’intende, almeno nelle annate buone, e sempre considerando che la produzione è destinata, innanzitutto, alla vendita, poi viene il poco che si tiene per la famiglia, sempre con parsimonia e non disdegnando la frittura nello strutto. Sono quasi certo che qualcuno dirà di non aver mai sentito si friggesse nello strutto in zone ricche di uliveti, ma si parla di oltre cent’anni fa e documenti e cronache non lasciano dubbi sull’uso diffuso dello strutto, soprattutto nelle annate scariche di olive.

Torniamo ancora a quel tempo. Sulle alture alle spalle del paese, chiunque abbia le bestie fa le mollane, formaggette dalla consistenza quasi cremosa, ideali per farcire le focaccette ancora calde da accompagnare col cavolo nero lessato e magari le patate bollite, ormai entrate a far parte dei prodotti nostrani. E non finisce qui. Cambia ancora qualcosa quando le fugassette in crescente, quindi col lievito, finiscono nell’olio bollente già farcite di mollana: è forse l’ultima novità restituita dalla tradizione, salvo perdersi le mollane per lasciare spazio allo stracchino. E c’è ancora la variante di farina di castagne, a fainn-a duçe, come si dice in zona, sempre da accompagnare col cavolo nero: d’altronde la stagione è quella giusta.

Qualcuno potrebbe vedere in questa breve storiella le origini della focaccia col formaggio e forse non sarebbe così lontano dalla verità. Rimane la certezza che di focacce incaciate si parla almeno dal Basso Medioevo, ma c’è da giurare che si mangiassero molto prima di quando si cominciò a scriverne.

Oggi le focaccette fritte sono fra i simboli gastronomici delle alture circostanti Sori, dove rimangono una specialità della festa o il cibo conviviale delle rimpatriate, ricordando, per esempio, la merenda pomeridiana dalla famosa Relia di Sant’Apollinare, locale storico, ormai chiuso da anni, in passato frequentato anche da personaggi dello spettacolo. Per fortuna molte trattorie della zona continuano a servirle regolarmente, spesso inserite fra gli antipasti o come portata compresa fra i secondi piatti. Naturalmente ognuno ha i suoi piccoli segreti nella preparazione, a volte anche solo dettagli impercettibili che cambiano il risultato finale. Qualcuno, per esempio, suggerisce di aggiungere nell’impasto qualche patata bollita per ammorbidirne la consistenza, e chissà quante altre “malizie” conoscono le signore del sorese che le sanno fare così buone. A Canepa, frazione interna alle spalle del paese, ogni anno, a fine giugno, si fa la sagra delle focaccette dolci e salate, ma anche in altre località, durante le varie feste primaverili o estive, fra le specialità servite ai visitatori, compaiono regolarmente le focaccette. E forse il segreto del successo di queste frittelle sta proprio nella loro identità di cibo della festa, possibilmente da mangiare in compagnia: cibo versatile, ottimo come accompagnamento ad altri prodotti ma capace da se stesso di costituire l’occasione o il pretesto per organizzare una merenda o una semplice bisboccia, celebrando una tradizione antica in grado di attraversare il tempo indenne.   

Sergio Rossi

LE FOCCACCETE  DI SORI PER TUTTI: LA VERSIONE DI NOVELLA

Fin dalla sua fondazione il pastificio Novella è stato un collettore delle tradizioni gastronomiche locali. Rimanendo fortemente legato al proprio territorio – non certo casuale la scelta di mantenere la propria sede in paese – si è dato il compito di raccogliere, selezionare e riproporre i  prodotti simbolo di Sori e dintorni di un sapere antico tramandato nelle generazioni: le trofie e i pansoti – solo per citare due prodotti fra i tanti – ne sono l’esempio più evidente. Lo ha fatto anticipando di molto la moda degli slogan sul “Bel tempo che fu”, sulla “Cucina delle nonne” e sul dilagare di una certa retorica riferita al valore incondizionato del cibo del passato. Nel caso delle focaccette, inoltre, alla riproposizione di un prodotto fortemente radicato nella tradizione locale, si somma l’aspetto più moderno della comodità e velocità di preparazione, ciò che spesso assume un ruolo fondamentale nel determinare il successo di una specialità alimentare. Con il prodotto già pronto, accuratamente confezionato, non resta che scegliere il metodo per scaldarlo – forno, 5 minuti a 230° , o friggitrice ad aria – e in pochissimi minuti si ottengono delle ottime focaccette da gustare semplicemente da sé o da accompagnare, per esempio, con i tradizionali cavoli lessati o altre verdure e ortaggi a propria scelta. C’è poi la versione surgelata, dedicata espressamente al comparto Horeca, anch’essa fritta e immediatamente abbattuta, così da cristallizzare la condizione perfetta delle focaccette, restituendole, integre, nella loro fragrante croccantezza, dopo il rinvenimento nel forno caldo. Il tempestivo trattamento di abbattimento impedisce al formaggio fuso di inumidire la pasta che lo avvolge, consentendo alle focaccette di conservare, al momento del servizio, le loro migliori caratteristiche.

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